“IN:titolo” è il nuovo album di Giulia Impache, musicista e cantante italiana con una forte attrazione per l’elettronica e per la scomposizione, anche lessicale, come dimostra in questo nuovo album.
Ho scelto questa foto scattata qualche tempo fa dalla fotografa emergente Luce Berta per vari motivi, tra cui la delicatezza di questa fotografia e l’armonia delle onde create dal velo che mi avvolge. Trovo che rendano il tutto più etereo. Io e Luce abbiamo iniziato questo percorso insieme, le ho affidato l’immagine del mio progetto fin dall’inizio. Lavorando insieme, spesso anche in simbiosi, la nostra produzione artistica si è lasciata contaminare dalle nostre rispettive ispirazioni. Penso non ci sia aspetto più prezioso nel condividere l’amicizia con un’artista. La fotografia di Luce è stata adattata da Cecilia Rolfo, graphic designer torinese per la realizzazione finale della Cover del disco. Il volto in copertina si mostra al pubblico coperto da un abito velato, il mio filtro con la realtà, il velo che mi consente di esserci con delicatezza e lasciare spazio alla mia musica. Dove mi trovo? Da dove vengo? Mi hanno appena depositato dallo spazio o mi ci stanno portando?
Giulia Impache traccia per traccia
Partenza graduale e subliminale per il disco: Oh, girl è un’invocazione più che un esclamativo, con i suoni che crescono un po’ per volta, si fanno crepitanti e attorniano la voce nel proprio moto ascensionale.
C’è dolcezza e melodia In the dark, per quanto leggermente deviata da piccoli glitch sonori che si incontrano lungo il cammino del brano. Molto più scomposta l’atmosfera lungo la quale si muove (I’m) looking (for) life, ricca di parentesi e di significati nascosti, a volte oscuri, a volte all’aria aperta.
Quello che (outside) parte indubbiamente da luoghi sonori sotterranei e pulsanti per arrampicarsi su cime un po’ più minimaliste e scoprirle anche oscillanti. Il cantato qui è in italiano, ma è corale e ondeggiante, difficile da comprendere e senza dubbio piuttosto misterico, quasi profetico.
Ritorna all’inglese Life is Short, che assomiglia moltissimo a una canzone pop: non a caso Giulia racconta come nasca da un’ispirazione suggerita da We Can Work It Out dei Beatles, la cui influenza si avverte sicuramente in questo brano.
Questioni di Occhi quelle affrontate nel brano successivo, ancora in italiano e ancora molto “cantato”, seppure con effetti a sviare un po’, come a nascondere lo sguardo.
Molto più frenetico e sparpagliato il discorso che nasce da Ogni cosa, popolata da mille suoni di mille provenienze diverse, dai più minuti a quelli più roboanti, come a voler aprire un piccolo universo di due minuti e mezzo.
Please continua il ping pong linguistico, abbracciando il testo con sonorità particolarmente liquide e fluide. Altro tipo di liquidi quelli in cui naviga invece Sailor (for fin), molto drammatica e impattante, come durante una pesca in alto mare interrotta dalla tempesta.
Ancora di occhi si parla in When my eyes, che rotola in modo incessante fra numerosi rimbalzi sonori e ritmici, in una sorta di uscita caotica dal disco.
Lavoro di grande livello quello di Giulia Impache, con una modulazione dei suoni e delle emozioni conseguenti costruita con grande attenzione e sapienza. Un lavoro sperimentale che riesce però a dialogare con il pop e a essere sempre ascolto semplice, per quanto mai banale. E un’artista di profilo alto, da tenere sicuramente d’occhio.
Genere musicale: elettronica
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Pagina Instagram Giulia Impache
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