La Giusta Distanza è l’album d’esordio dei Gres, quartetto proveniente dalla provincia di Modena che fa un rock alternativo con influenze dal grunge al post-rock, anticipato dal singolo 10 Grammi. Li abbiamo intervistati.

Ci raccontate come nascono i Gres?

(Cami) Una decina di anni fa le quattro band delle quali facevamo parte si sono trovate a orbitare negli stessi circuiti. Suonavamo negli stessi posti, andavamo agli stessi concerti, siamo diventati amici. A un certo punto tutti e quattro i progetti si sono interrotti a distanza di pochi anni e noi siamo probabilmente i tizi che in questi scioglimenti si sono sentiti più orfani.

Dave aveva già iniziato a passarmi qualche registrazione di chitarra per gioco e io ci improvvisavo su. Ci veniva così naturale che iniziammo a mettere insieme qualche pezzo in acustico, ma la cosa si arenò perché Dave era in un periodo di ascolti pazzi e ogni due mesi voleva riarrangiare tutto in uno stile diverso. Elettronica! New Wave! Anni 80! Niente.

Qualche anno più in là, finalmente, anche Simmi cadde in disgrazia. Con un batterista a disposizione il suono tornò a incanalarsi nella dimensione che ci è più familiare e restammo solidi abbastanza a lungo da riarrangiare i primi brani. Marcello fu costretto col ricatto a prendere in mano il basso, ma dato che il basso lo suona già Dave con la chitarra decise di dotarsi per suonare la chitarra con il basso. Il resto lo potete sentire nel disco.

Il disco è molto potente e vibrante. In che condizioni e con quali umori lo avete realizzato?

(Dave) il suono potente e cupo è nato direttamente in studio in modo abbastanza naturale. Nel periodo di registrazione si ruppe la mia testata da chitarra Hiwatt e decisi di utilizzare una Mesa Boogie che ha un suono più granitico. A enfatizzare il tutto e per rendere il suono ancora più scuro usai Gibson anziché Fender come chitarra principale.

(Simmi) Credo che a rendere tutto ancora più naturale e a darci la giusta spinta creativa sia stata anche la volontà di ognuno di riprendersi i propri spazi all’interno di un nuovo contesto, dopo le varie esperienze e problematiche relative ai progetti passati. Almeno per me è stato un po’ come una ventata d’aria fresca dopo un brutto periodo.

Vorrei che spiegaste meglio l’affermazione secondo cui i vostri testi sono “mantra relazionali”.

(Cami) Per me le relazioni interpersonali sono tanto affascinanti quanto difficili… Mentre le vivo ci sono parole che mi girano nella pancia, nella testa e in diverse parti del corpo. A volte riesco a sentirle solo in differita, altre troppo presto e troppo forte, penso sia questo sfasamento che mi complica le cose.

Comunque ho bisogno di ripetermele all’intensità giusta per me, che spesso non è quella giusta per gli altri, quindi lo faccio nelle canzoni. Ogni volta che il pezzo suona anche questo mantra risuona, nel mio corpo, dove le parole sono rimaste sepolte. La vibrazione le libera, libera me, finalmente riesco a dar loro la forma che chiedono e loro a darmi un messaggio che posso utilizzare. È un rito che ho bisogno di ripetere per restare in comunicazione con le parti più rumorose del mio interno.

Quali sono i vostri punti di riferimento sonori?

Ognuno di noi ha influenze e ascolti diversi ma abbiamo una passione comune e cioè quella del rock più o meno aggressivo degli anni ’90. Le canzoni prendono forma su sonorità grunge, post rock, ma anche emocore. Se dovessimo citare qualche band di riferimento sarebbero Smashing Pumpinks, Deftones, At The Drive In e i Verdena per quanto riguarda l’Italia.

Che cosa ci si deve aspettare dai Gres ora, posto che immagino sarete tra quelli che soffrono di più del discorso dell’isolamento e della rinuncia momentanea ai live?

Continuiamo a lavorare da casa con pezzi acustici, video e progetti sul disco appena uscito. Stiamo curando il discorso social e pensando alle novità da introdurre non appena potremo ritrovarci in sala prove. Abbiamo già qualche bozza di nuovi brani registrati a inizio anno e su quelli incanaliamo la creatività da saletta, per adesso.

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