Con una lunga e piuttosto tormentata storia alle spalle, i Little Boy Lost si sono riaffacciati alla scena di recente con Jaunt, ultimo lavoro di dodici tracce. Li abbiamo intervistati.

I Little Boy Lost hanno alle spalle una storia lunga e un po’ travagliata. Ci fate un riassunto delle puntate precedenti?

Sì, la storia è un po’ lunga e complessa, fondamentalmente le fasi salienti sono state queste: verso la fine del 2005 Edy e io abbiamo cominciato a jammare in due, chitarra e batteria e abbiamo registrato un primo demo di cinque tracce a nome Little Boy Lost.

Nel 2007 il primo album ufficiale, Suisound, sempre in formazione a duo, ma con alle pelli il batterista precedente, Mattia Munaron. Subito dopo Edy è rientrato nel nucleo originale, ci siamo presi un bel po’ di tempo per comporre i pezzi, arruolare un bassista temporaneo e pubblicare SIM nel 2012.

Nel 2015 ci trovammo di nuovo in due, sempre chitarra e batteria, a pubblicare @_@, un altro demo di sette tracce che è alla base del nostro ultimo lavoro. Nel 2016 entra in formazione Andrea Zandarin, l’attuale bassista ufficiale.

Fino alla fine del 2018 abbiamo composto pezzi nuovi, pre-prodotto e registrato il nostro ultimo album, Jaunt, uscito l’anno scorso ad aprile. La nostra band ha attraversato quindi varie fasi, abbiamo suonato più di un centinaio di concerti e veniamo tutti e tre da esperienze precedenti diverse.

Vorrei invece sapere qualcosa della genesi proprio di Jaunt, il vostro ultimo lavoro.

Jaunt è l’album che probabilmente ha avuto una genesi più complicata rispetto agli altri. Abbiamo cominciato le registrazioni ufficiali a ottobre 2018 e completato verso fine dicembre ma avevamo le canzoni già pronte da diverso tempo. Alcune di esse sono infatti contenute in @_@, il nostro album del 2015. Questo giro però sono suonate al basso da Andrea Zandarin, che è la novità principale in questo ultimo album. Lui infatti ha portato spessore nel nostro sound live e aggiunto la sua esperienza di musicista classico nelle composizioni e arrangiamenti. Un’evoluzione da questo punto di vista. L’album è stato registrato da Francesco ‘Franz’ Fabiano.

Mi dite qualcosa a proposito di “Mirrors”, che è uno dei brani che mi hanno colpito di più?

‘Mirrors’ è una di quelle canzoni che avevavamo già inserito in @_@. Quell’album, o meglio, un demo dell’epoca, lo avevamo registrato al Mal de Testa Studio a Tombolo. Fu registrato in presa diretta solo chitarra e batteria mentre le voci le registrai a casa. In ‘Mirrors’ decisi di provare degli stili vocali diversi, falsetti e roba strana, il risultato su disco non fu male ma live era un vero disastro, quindi accantonammo quel pezzo per un bel po’. Poi, con l’arrivo di Zanda, riprendemmo il brano, cambiai la parte vocale e decidemmo di reinserirlo in Jaunt, col risultato attuale. È un pezzo molto sperimentale e melodico, l’apporto del basso lo ha poi trasformato ulteriormente. La definiamo una specie di trip spazio-temporale, molto oscura, ottima per aprire i concerti o chiuderli. Potete ascoltarla qui su Bandcamp, in entrambe le versioni.

Quali sono le vostre band di riferimento? Vi piace qualcuno in Italia?

Le nostre band di riferimento vengono fuori quasi tutte dagli anni ’80 e ’90, solo di recente stiamo ascoltando roba ancora più vecchia. Teniamo molto in considerazione anche la musica attuale e quella pop,anche se a volte non ci fa venire molta voglia di trarne qualcosa, cerchiamo di prendere esempio sempre da musiche il più autentiche possibile. Esempi classici quali Sex Pistols, Ramones, Nirvana, Pink Floyd, Metallica sono ispirazioni quasi imprescindibili perché appunto autori di musiche autentiche. 

Da non sottovalutare però anche l’apporto di band underground che ci hanno formato quali Sant’Antonio Stuntmen, Canrandache, Rudhen, Wildsheep, Raise, So Beast, Malfas, Brutofuzz, Ubris, Wojtek, Wankers e molte altre che potete trovare tra i nostri amici.

Il disco è uscito da qualche tempo. Avete già nuove canzoni pronte?

Sì, il nostro ultimo disco ha già svolto il suo decorso, abbiamo fatto 25 live e abbiamo chiuso il tour una settimana prima della quarantena totale per il coronavirus. Per fortuna. Adesso siamo tutti a casa e stiamo componendo pezzi nuovi, tutta roba elettronica fatta a computer, ma la noia è talmente tanta che stiamo sperimentando i generi più disparati, secondo i nostri canoni: reggae, disco-music, trip-hop e qualsiasi cosa ci salti per la testa quel determinato giorno. Magari il prossimo album sarà una cosa completamente diversa.

Little Boy Lost traccia per traccia

L’album si apre su toni molto pesanti ed echi post grunge molto marcati: è Penetration a dare inizio al lavoro, concedendosi anche qualche accento quasi psichedelico nel finale.

Risonanze più allungate quelle che si riscontrano all’inizio di You Wonder, che poi si fa distruttiva e sconfina in zone che stanno tra metal e screamo.

Veloce e piuttosto punk, almeno come atteggiamento, la seguente e ambigua Total Laszlo. Potente e con orizzonti vasti Imprisoned Season, che si apre in modo ragionato ma poi deraglia verso direzioni più potenti.

Si torna a ritmi più rapidi e a un dispiego di potenza notevole ma più concentrata con Let it all out. Un giro di basso piuttosto scivoloso ed evocativo presiede a Dabstep, con il featuring della voce di JFK.

Nonostante il titolo gentile, Hi, Mario! è tra i pezzi più tempestosi e ricchi di contrasti del disco. Non che Leather Required, canzone da motociclisti se ce n’è una, abbia voglia di abbassare i toni.

Lost Angeles gioca in velocità e sfalsa un po’ i ritmi risultando alla fine quasi giocosa. Aggettivo che non si può accostare invece a Mirrors, oscura allungata e quasi spettrale.

Pop Korn, con evidenti riferimenti nel titolo, dispiega altre vaste dosi di potenza, con una sezione ritmica particolarmente robusta.

Il lavoro si chiude con DaDoom, onomatopeica e molto cadenzata, che procede per esplosioni controllate sempre più vaste e sempre più metal old style.

Un disco molto potente e ricco di spunti interessanti quello che i Little Boy Lost fanno girare sul piatto, con influenze evidenti dai 90s in qui ma anche con grande personalità e vitalità che traspare da ogni traccia.

Genere: metal, post grunge

Se ti piacciono i Little Boy Lost assaggia anche: Metallic Taste of Blood

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