Igor Pitturi è un cantautore e attore. Dopo piacevoli esperienze di vita a Bologna e Barcelona si esilia ad Ancona, città che in questi anni lo ha visto indossare i panni di Mannaggiatte, progetto cantautorale con il quale ha realizzato “Mogli e buoi dei paesi altrui” (2009) per poi trasformarsi in trio e, infine, in quintetto.
Dopo aver partecipato alle selezioni live del Premio De André, il progetto Mannaggiatte si scioglie e dalle sue ceneri nasce Vesto Male, che sarà il nuovo alter-ego dell’artista fino al 2015, quando poi diventerà finalmente Igor Pitturi, che comunque era già nato diversi anni prima ma aveva fatto finta di niente.
Il 21 marzo 2016 è uscito l’ep Vesto male prodotto da Frivola Records (Matteo Fiorino, Filippo Dr Panico). Il 12 Settembre 2018 esce Le Promesse di Notte, secondo disco a suo nome, scritto a quattro mani con la sindrome da abbandono.
Igor Pitturi traccia per traccia
“La materia di cui son fatti i sogni/sono le tue mutande”: si parte in maniera un filo dissacrante con l’album. Le tue mutande è un percorso acustico con qualche piccola idea, come uno scacciapensieri sullo sfondo e una ritmica vicina al jazz.
Il secondo brano depone in parte le armi e segue traiettorie più sfumate: Le promesse di notte, la title track, è appunto notturna e oscura ma senza rabbia.
Quando non ci sei racconta di rapporti non sempre idilliaci con un vasto bagaglio di ironia. Si prosegue con Mannaggiatte, narrativa e stornellante, corredata da piccole immagini poetiche e da una simulazione orale di trombetta.
Più seria, autunnale e intima Tu sei muta. Ma da dolce che poteva sembrare sulle prime, la canzone accende un improvviso climax di disperazione e di urla.
Camminare propone ululati diversi, e un modo di vedere il cantautorato che pur partendo da presupposti classici, risulta sempre piuttosto sghembo.
A proposito di cose storte: ecco Contratto d’affitto, aperto di nuovo dalla “tromba” e completata da molte insistenze sui concetti.
Cori surreali fanno da sfondo a Se semo n’tesi, che usa qualche pizzico di dialetto per regalare colori diversi per un brano veloce e quasi pop (va be’, si esagera).
Il finale è tranquillo (più o meno) con Perdere la testa, che è contemplativa ma non troppo ricca di elogi per l’oggetto del desiderio.
Originale e spesso sorprendente, Igor Pitturi distribuisce gli sforzi su canzoni che scappano un po’ da tutte le parti. Eppure sembra sempre che, anche nei momenti più difficili, il cantautore riesca a tenere le redini di brani davvero peculiari.