
Lamentarsi è bene, a volte è anche bello. Ma qui a TRAKS siamo abituati anche a mettere insieme le idee per risolvere qualche piccolo problema. Così abbiamo pensato a dare il via a una serie di piccole inchieste fatte con l’aiuto dei nostri amici musicisti. E visto che la stagione live è nel suo clou, abbiamo pensato di rivolgere una domanda in tema a gruppi e artisti. La domanda è questa: che cosa si può fare per migliorare la situazione dei concerti in Italia?
Ecco come ci hanno risposto.
Overlogic
Secondo noi la situazione sta già migliorando. In questi ultimi anni nel panorama underground italiano abbiamo notato una moltitudine di persone che lavora nel settore in maniera professionale.
Ci vuole sicuramente più attenzione e c’è ancora molto da fare: per esempio, bisognerebbe incentivare il pubblico a sentire musica nuova, diversa. Il problema è la mancanza di interesse verso le nuove proposte.
Ma si sa, a noi italiani ci piace l’usato sicuro. Ironia a parte, curato questo aspetto, il resto viene da sé. Purtroppo in questo settore siamo un paese ancora arretrato, ma qualcosa si sta muovendo, ci sono nuovi spazi che credono nella musica emergente. Non bisogna mollare.
Russo Amorale aka Ugo Russo, Cantautore italo-francese di Nancy cha ha trascorso gli ultimi mesi a Bologna
Io direi di fare iniziare i concerti un po’ prima e di cercare di creare l’atmosfera giusta nei locali per mettere in risalto il momento in cui si esibisce l’artista. Se il concerto è solo un “contorno”, uno sfondo musicale sul quale la gente continua a urlare per ordinare da bere o apostrofare l’amico che si trova dall’altra parte della sala, allora forse qualcosa non va… In Francia si tende a iniziare prima.
Sdang!
NICOLA: Migliorare l’accoglienza. Migliorare le situazioni tecniche. Deresponsabilizzare il gruppo sulla presenza di pubblico, soprattutto per chi è agli inizi e un proprio pubblico non ce l’ha.
ALE: Sai cosa si potrebbe fare? Ogni locale dovrebbe INVESTIRE e mettere a disposizione un tot di serate all’anno (almeno il 70%) da dedicare a gruppi indipendenti che vengono da fuori in modo tale da incentivare i gemellaggi e, di conseguenza, aver più possibilità di uscire dalla propria provincia.
Molti gruppi non ottengono risonanza perché sono confinati nella loro città e questa cosa, dopo qualche tempo, fa perdere motivazione e coinvolgimento. Onestamente mi piacerebbe vedere più locali dove si ascolta la musica piuttosto che dove si beve la birra ascoltando la musica.
Generoso Pierascenzi, chitarra e voce dei Gasparazzo Bandabastarda
A mio avviso la situazione dei concerti in Italia è buona, esistono vari festival, locali e situazioni dove ascoltare musica live. Il problema forse sta nel fatto che i così definiti artisti indipendenti in Italia sono tantissimi – issimi, sempre in crescita numerica e ovviamente e per fortuna grandi appassionati di musica.
Credo siano proprio loro (potrei dire noi) a essere assenti ai concerti o comunque a partecipare distratti. Può accadere che il musicista affronti l’ascolto dei suoni, delle composizioni e delle performances in maniera tecnica e analitica rinunciando all’abbandono, all’emozione e alla curiosità allontanandosi dal naturale e primario psico-fisico approccio che rende la musica una “botta incontrollabile”.
Stella Burns
Avendo cominciato a fare concerti alla fine degli anni ’80 ho visto con i miei occhi la trasformazione della situazione musicale in Italia in tre decadi. Soprattutto negli ultimi anni sappiamo bene quanto il mercato sia cambiato completamente, a più livelli.
I cambiamenti non sono quasi mai negativi ma richiedono prontezza di reazione e questo mi sembra che in Italia non sia avvenuto, forse perché i cambiamenti hanno coinciso con il lungo periodo di crisi economica.
Il discorso dei live per la musica indipendente è legata a molti fattori: calo di interesse del pubblico, poca disponibilità economica da parte dei locali, aumento delle proposte musicali, e non ultimo il fatto che molti musicisti stranieri, che solo per il fatto di non essere italiani hanno più appeal presso il pubblico, vengono a suonare per cachet piuttosto bassi.
Fanno tour di molti giorni, spostandosi giorno dopo giorno, ammortizzando così i costi. Questa è una cosa che gli italiani che sono quasi sempre “musicisti del dopo lavoro” non hanno la possibilità di fare. Non è semplice cambiare la situazione attuale.
Forse dovremmo fare come in Francia? Essere protezionisti verso la musica italiana? Trasmettere percentuali prestabilite di musica indipendente italiana nelle radio? Creare spazi televisivi che ormai sono impensabili eppure un tempo avevamo?
Non l’ho mai pensata in questo modo. Cantando in inglese e collaborando con molti musicisti stranieri per me la musica è sempre stata una questione di condivisione che non ha molto a che fare con il rinchiudersi in recinti protetti. Ma comincio a pensare che per sbloccare la situazione forse andrebbe fatto in questo modo.
Dovremmo ricreare interesse nel pubblico prima di tutto. Far sì che la musica Italiana (in qualsiasi lingua sia) sia un argomento di interesse così che i club abbiano un pubblico assetato non di sole birre.
Non dico che non sia così in assoluto, in alcune città più che in altre, ma vedo anche molti locali coraggiosi costretti a chiudere, band che non riescono a suonare con una certa frequenza e che spesso si trovano davanti ad un pubblico distratto, che non ha curiosità. Questo ha reso quello che facciamo un hobby, costoso. Mentre in altre nazioni parlano di mercato e non solo quando citano X-factor.

Riccardo Caliandro – Sir Rick Bowman
“Abbiamo come la sensazione che stiamo attraversando una nuova fase; dopo il dominio delle tribute band e del “quanta gente mi porti?”, stiamo assistendo alla rinascita e alla rifioritura di piccoli locali, botteghe, quasi dei rifugi per chi ancora sente la necessità di comunicare qualcosa di personale.
Ovviamente sempre più spesso si tratta di iniziative dal basso, che accolgono situazioni intime e acustiche; sembra mancare anche qui la ‘middle-class’ del locale live, un palco che possa accogliere un concerto rock come si deve, senza dover essere per forza a San Siro.
Il problema vero è però culturale: non è per fare dell’esterofilia spicciola, ma girando all’estero è palese la differenza abissale negli occhi e nelle orecchie dello spettatore straniero rispetto a quello di casa nostra, impegnato quest’ultimo più a presenziare al momento hype col suo bel cocktail in mano, che ad ascoltare davvero ciò che con sudore e fatica e sentimento si sta cercando di comunicare dal palco. Forse dovremmo cambiare questo, e tutto il resto ripartirebbe di conseguenza.”
Giacomo Marighelli (Del movimento dei cieli, Margaret Lee, ed ovviamente, Giacomo Marighelli)
Credo che una delle soluzioni migliori in questo momento per gli artisti che propongono musica d’autore e non d’attore sia suonare nelle case, i cosiddetti House concert, ricevendo un cachet dagli stessi spettatori che pagano un ingresso, garantendo che ci sia un minimo di partecipanti ma senza pretenzioni. In questa maniera il pubblico è un vero pubblico, lì per ascoltare qualche cosa di innovativo o di sconosciuto, nuovo, oppure perché appositamente sono lì per quell’artista specifico.
Un’altra alternativa, e qui parte dai locali stessi, è smettere di affidarsi totalmente alle stesse booking creando così un giro di mafia indipendente, ma aprendosi alla totalità delle possibilità di proposte che possono ricevere quotidianamente. Magari dedicando un giorno a settimana a queste realtà che propongono per davvero musica originale.
Caron Dimonio
“qui Giuseppe dei Caron Dimonio. Penso che per migliorare la situazione concerti bisognerebbe snellire tutto la burocrazia che sta dietro all’organizzazione dei live. Per burocrazia intendo permessi Siae, permessi del comune, rilevazioni impatto acustico ecc. ecc.
Sono tutte operazioni che richiedono troppo tempo e denaro, e che ostacolano chi ha idee e creatività.

SAID
Andando alla fonte del problema, crediamo ci sia una forte carenza di educazione alla musica e all’ascolto. La gente dovrebbe avere il culto di andare a scoprire band ogni qualvolta sia possibile, divertendosi nella ricerca e nel creare quindi movimento di pubblico.
Dovrebbe quindi, a priori, apprezzare la musica live senza ghettizzazione di generi e stili. Quest’ultima necessiterebbe un forte lavoro da parte dei media, soprattutto i “blasonati”, i quali non possono che seguire esigenze economiche. A tale proposito andrebbe abolita assolutamente la SIAE, che mercifica l’arte rendendola “USA e getta” e che demotiva la voglia di fare eventi per i piccoli locali, impedendo una più vasta attività live.
In ultimo, ma forse più importante, dobbiamo smettere di utilizzare il termine “emergente” al fianco di una Band, la quale è onesta e artistica tanto quanto le altre e che porta il pubblico a non considerarla.
Un altro male credo sia il web. Dà la possibilità a ogni neofita di avere una band fatta, finita a sponsorizzata. Il tutto crea veramente una enorme, gigante quantità di scelta, di fronte alla quale, l’utente medio, finisce sempre col rifugiarsi nei “fari sicuri” di nomi conosciuti a suon di banner e promozioni… Cadendo quindi nel meccanismo di “di questi mi fido perché si vede che sono fighi”.
Ni Na
Giacomo: Credo che la soluzione sia alla base, ovvero per un locale medio è diventato un azzardo fare musica live per via dei costi elevati e del poco feedback. In Italia è risaputo che la cultura dei live è per pochi, la massa è orientata alle tamarrate o ai grandi eventi. Agevolazioni per i locali, ridurre spese di diffusione musica (Siae, ecc), programmazione artistica intelligente, più professionalità delle band indipendenti. Proprio poco tempo fa ho parlato con un amico produttore il quale mi ha confessato una nuova idea rivoluzionaria che si basa su crowdfunding ma ho promesso il silenzio di stampa ma è davvero geniale!! Spero che ne sentirete parlare perché se prende piede rivoluziona tutto
Luca: D’accordo con Giacomo, aggiungo anche che se le band indipendenti avessero più visibilità main, probabilmente i concerti sarebbero più considerati e pubblicizzati.
Deluded by Lesbians
Migliorare la programmazione dei locali, costruendo delle realtà che abbiano uno stile e diventino un punto di riferimento. Penso al Nidaba, tempio del Blues e del Country a Milano, o quello che ha saputo costruire il Magnolia in 11 anni… Costruire un’identità riconoscibile…
Serena Abrami
Incentivare la cultura dell’ascolto (I locali, magari offrendo una programmazione diversificata, possono educare il pubblico anche a serate di musica inedita), fornire service adeguato sul posto, promuovere la serata attraverso i canali giusti, pagare un minimo anche, ma sempre (basta suonare gratis) , non chiedere al gruppo: “Quante persone porti?”
La Suerte
La soluzione che auspico da tempo è che tolgano la siae per i concerti sotto le 150 200 persone e obblighino i locali a pagare le band. Facile e indolore. I locali spendono gli stessi soldi che vanno direttamente alle band che possono finanziarsi.
Collettivo Ginsberg
Essendo la domanda abbastanza generica richiederebbe una risposta complessa e molto articolata perché occorrerebbe analizzare le varie situazioni che portano al mal funzionamento del “sistema live” italiano. Rispondo quindi con una provocazione, una cosa che fondamentalmente non ho mai digerito perché credo non sia giusta soprattutto a livello socio-culturale: istituire una tassa per i locali e per i gruppi che campano facendo tribute /cover band e utilizzare i proventi per finanziare la musica originale.
