Intervista e streaming: Lush Rimbaud, lo sguardo verso il futuro
Si erano quasi perse le tracce dei Lush Rimbaud: cinque anni la distanza dall’ultimo The sound of the vanishing era, un paio dallo split con gli olandesi zZz (2013). E invece eccoli qui, con L/R, il terzo lp (qui la recensione), che però non esce come se nulla fosse: le sonorità sono cambiate in un verso più oscuro ed elettronico, nell’album co-prodotto da Bloody Sound Fucktory e fromSCRATCH Records. Proviamo a capire perché con la band, magari cliccando qui e ascoltando lo streaming.
Il vostro primo lp in cinque anni, fatto salvo lo split con gli zZz: ci sono state difficoltà a monte di questo disco oppure è stato tutto “normale”?
Sicuramente ci sono state difficoltà causate da problematiche di vario genere, per esempio il cambio di 4 sale prove negli ultimi 5 anni, gli impegni lavorativi vari, ecc.
Questo ha comportato, oltre ad alcuni rallentamenti, anche una modifica nel modo di comporre canzoni, che questa volta non sono state create durante jam session, come eravamo abituati a fare, ma in modalità “step by step”: nella maggioranza dei casi Michele (drummer) ci manda una base, sulla quale costruiamo il brano, a volte insieme e altre volte singolarmente, i tenendo ben presente l’atmosfera che ci interessa creare.
Le canzoni dell’album sono state tutte registrate durante il mese di marzo 2014, poi il mixaggio, effettuato nel nostro nuovo studio di registrazione, ci ha portato via altri 9 mesi.
Avete impresso una svolta più dark, e forse anche più matura, al vostro sound: potete spiegare le ragioni di questo cambiamento?
Dopo oltre 10 anni passati a suonare insieme sentivamo una forte esigenza di sperimentare sonorità nuove rispetto ai nostri precedenti lavori, per rinnovarci e non ripeterci. E’ stato un modo per rivolgere lo sguardo verso il futuro, senza comunque rinnegare il passato.
Lush Rimbaud, durante una notte insonne
Come nasce “Super-Indian”?
La canzone nasce da una base composta da Michele, durante una notte insonne. Lui ci ha fatto ascoltare lo “scheletro” della prima parte, poi singolarmente abbiamo inserito alcune melodie che consideravamo appropriate e insieme abbiamo composto la seconda parte improvvisando insieme in studio. Il titolo si riferisce al loop mandato in reverse di una musica tradizionale indiana presente all’inizio del brano, da cui è nato lo spunto primordiale che ha dato vita alla canzone.
Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?
Principalmente abbiamo utilizzato batteria, basso, chitarra, sintetizzatori, Farfisa e le nostre voci. Sono presenti anche alcuni innesti di tromba, un bastone della pioggia, una piccola campana tibetana e alcuni campioni, ma il 95% di quello che ascoltate è stato suonato uno strumento alla volta da noi.
Spesso in fase di mix abbiamo reso alcune tracce di batteria più elettroniche, nonostante siano state in realtà suonate. La batteria di Super-Indian rientra tra queste.
Chi è l’artista indipendente italiano che stimate di più in questo momento e perché?
Conosciamo tantissimi artisti nell’ambito indipendente italiano, ma sicuramente quelli che ci stanno più a cuore sono i Jesus Franco & the Drogas, i Plasma Expander, i Fuzz Orchestra. Qualche tempo fa abbiamo avuto modo di suonare anche con The delay in the universal loop, un ragazzo giovanissimo della provincia di Benevento che ci ha colpito molto con il suo live-set, il suo modo mai banale di usare voce e campionatore denota una maturità musicale non indifferente, secondo noi merita un ascolto.