Non è ancora uscito (ma basta pazientare fino al 21 settembre, oppure andare allo streaming a fondo pagina) eppure abbiamo già avuto modo di parlare parecchio di Per tutti i giovani tristi, primo e ottimo disco dei Giona (qui la recensione). Oggi pubblichiamo anche l’intervista a questo trio che nasce come one man band e si allarga strada facendo, per confezionare un disco ricco di influenze punk, rock e indie. Ecco che cosa ci hanno raccontato.

Potete riassumere ciò che vi ha portato a formare il vostro trio?
E’ stata una situazione un po’ particolare perché c’erano le canzoni prima ancora d’essere un trio e quindi un gruppo. A disco praticamente finito c’era questo concerto organizzato da diversi mesi per i dieci anni di To Lose La Track e siccome a Luca Benni, boss di To Lose La Track, le canzoni piacevano non poco voleva che Giona suonasse. Un po’ motivati da lui, un po’ perché sarebbe stato brutto suonarle alla Billy Bragg, un po’ motivati dal fatto che quella sera suonavano molti amici, a Michele è venuta l’idea di suonare il basso, ha chiesto a Daniele di suonare timpano e rullante e quindi abbiamo fatto un trio per l’occasione che poi non ha smesso dopo l’occasione, ma è diventato Giona stesso ed ora Giona è trino. Quindi siamo stati gli ultimi a lasciare la festa. Anzi, siamo ancora sul divano, ricoperti di coriandoli, a mangiare popcorn.

Come avete affrontato il lavoro per questo disco? Con quali umori lo avete approcciato e quali sono state le sensazioni una volta finito?

Diciamo subito che questo disco è stato composto non pensando di star facendo un disco. Alessio e Michele lavoravano in questo bar dove si facevano concerti – il Mamamu – e mentre Alessio aspettava Michele per cominciare a lavorare, pulire per terra, lavare i cessi, caricare i frighi, montare il palco e tutto il resto, prima del soundcheck dei gruppi che di volta in volta venivano a suonare, si metteva lì a suonare e registrare quel che suonava con il microfono direzionale del computer. Poi arrivava Michele e s’ascoltava le canzoni fumando la prima sigaretta della serata.

L’umore generale è buono: il disco, nella sostanza, nello svolgersi tra un pezzo e l’altro, dice che se anche succedono cose brutte e che rendono la vita abbastanza impossibile la vita ti sembrerà meno impossibile se c’è l’amore. Si chiama così, “Per Tutti i Giovani Tristi”, nel tentativo di dare una pacca sulla spalla a tutti i giovani tristi in giro per il mondo.

Quali sono state le difficoltà maggiori che avete incontrato nel realizzare il disco, se ci sono state?

Proprio nessuna, nonostante la crisi. Tutto liscio come l’olio. Anche e soprattutto grazie a Luca di To Lose La Track e Ivan Tonelli di Stop Records.

Giona, canzoni ingombranti

Come nasce l’idea di fare la cover (della cover) di “Do you wanna dance”?

I Ramones sono quello che tutti i gruppi punk rock dovrebbero essere: la migliore peggiore banda del mondo. Tutto veloce, testi così semplici da essere geniali, due massimo tre accordi, una botta di vita nonostante canzoni che riguardano lo sniffare colla, marchette e altra merda. “Do you wanna dance” è la canzone più figa di “Rocket To Russia” che è il loro disco più figo e quindi sembrava divertente rifarla, anche perché le parole non si discostano troppo dalle canzoni di Giona. Abbiamo scoperto il vero autore, Bobby Freeman, quando ci è toccato scrivere i credits del nostro disco.

Vorrei conoscere anche gli spunti da cui nasce “Guardia”.

“Guardia” è il racconto di un’adolescenza impegnativa vissuta in un quartiere impegnativo, il Rione Traiano, un ghetto in una città che di per sé è un ghetto, ovvero dove quasi nulla di buono può accaderti, dove i progetti si fanno solo per scappare.

E’ nata nell’Agosto del 2013, in dieci minuti, pensando a quello che accadeva solo una decina di anni prima nella stessa stanza dove è stata scritta; pensando a quelle orribili strade che hai visto e che sono un pezzo più grande di una semplice strada dove si svolge questa vita; quelle strade solcate così tante volte che oramai non sono nemmeno più orribili, ma solo familiari, la tua brutta e cattiva pur sempre famiglia.

La si registrò velocemente, sempre col microfonino del computer, perché Michele aspettava in macchina e Alessio voleva fargliela sentire a tutti i costi e così è rimasta: semplice, diretta, gretta.

Poi nel Settembre 2014 è diventata una canzone ingombrante perché un carabiniere ha sparato e ucciso Davide Bifolco proprio per quelle stesse strade, le stesse di sempre, reo di essere solo un adolescente impegnativo, rendendo “Guardia” non più solo una canzone privata, ma una canzone che racconta un vissuto purtroppo comune.

Quindi, “Guardia” non parla di Davide Bifolco: parla anche di Davide Bifolco, il che è peggio, molto peggio, perché è la prova provata che tutto si ripeterà ancora e ancora e ancora fino a che tutto sarà lasciato così com’è e tutto rimarrà così com’è, così com’è sempre stato.

Potete raccontare (in modo comprensibile anche ai non esageratamente tecnici) la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Un timpano, un rullante, un basso, una chitarra, un sacco di reverberi e un sacco di Peroni grandi.

La classica domanda di chiusura: si sa che il grande successo musicale si raggiunge costruendo delle rivalità fasulle (Beatles/Stones, Blur/Oasis, Albano/Romina eccetera). Potreste scegliere uno o più rivali e criticarli, anche per finta, ma aspramente, provocando poi risposte che faranno vendere a tutti molti più dischi?

Scegliamo come rivali i Foo Fighters perché detestiamo i fortunati, perché non ci piacciono le persone di talento che poi sono quelle persone che fanno quello che vogliono o non fanno proprio nulla. Apprezziamo i geni: cioè quelli che fanno quello che possono. Ma ora gli amici dei Foo Fighters se lo comprano il disco di Giona?

Ma sì. O almeno: faranno meglio a comprarlo, perché merita. Come puoi scoprire da solo ascoltandolo qui:

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