Il secondo disco della cantautrice milanese Ilaria Pastore si chiama Il faro la tempesta la quiete: ne abbiamo parlato qualche giorno fa in sede di recensione. Oggi pubblichiamo un’intervista con la cantautrice, per chiederle conto dei cambiamenti effettuati dopo l’esordio Nel mio disordine e di altre questioni sparse.
Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato nel realizzare il disco, se ci sono state?
Hai dichiarato che c’è una “parte maschile” molto presente in questo lavoro: in quali tratti la trovi più evidente?
Con parte maschile mi riferisco al lato granitico di questo disco, che si svela piano piano, ascolto dopo ascolto. All’inizio i brani appaiono come canzoni quasi lievi, per poi svelare verità scomode, molto concrete. La parte maschile è quella che vede una ragazza diventare donna. E così, in un ragazzo che diventa uomo, possiamo vedere la parte femminile farsi avanti. Ci si completa, diventando grandi.
Da una foto bellissima e molto vecchia, che ritrae mia madre sorpresa a stendere i panni all’aperto. Lei era minuta e in questo gesto così naturale, sorride alla camera divertita. Tante domande, poche risposte, si fanno vive in alcuni momenti della propria esistenza e così ho voluto raccontare, tenendo come riferimento il paragone con i panni stessi, che talvolta il nostro elenco di incognite va lasciato lì, a dondolare al vento, in attesa che muti la propria consistenza.
Puoi raccontare la strumentazione principale che hai utilizzato per suonare in questo disco?
Questo impasto, molto personale e denso, potente ed estremamente delicato, è il risultato non solo degli strumenti prescelti, ma soprattutto dei musicisti che hanno suonato in questo disco. Unici e insostituibili.
Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimi di più in questo momento e perché?
Mi immergo nell’ovvio: Niccolò Fabi, Carmen Consoli, Daniele Silvestri, Cristina Donà. Per me sono indipendenti a tutti gli effetti. Per la loro strada, lunga, fatta di live, di canzoni, di tentativi, di strade e nottate. Per una scrittura del tutto personale, sempre in evoluzione. Ci sono poi altri colleghi che stimo immensamente come Gnut, Veronica Marchi, Davide Zilli: sempre attivi, bravissimi, d’ispirazione per me.