Si chiama Guai il nuovo disco de La Methamorfosi, band di Udine nata nel 2017 ma con solide radici nel rock anni Novanta.

Nel disco ci si trova di fronte a un muro inciso da contaminazioni grunge, doom, alternative rock. La base ritmica chiude questo cerchio spianando la strada al suono potente che si vuole esprimere con questo primo lavoro. I brani Guai, Mia e Sp sono i primi singoli accompagnati dai loro video clip ufficiali

La Methamorfosi traccia per traccia

Si parte proprio da Guai, la title track, potente annuncio di sonorità intense e robuste, con qualche debito nei confronti del grunge più cupo.

Il disco prosegue con i ritmi più controllati, ma anche con tutte le oscurità, di Sp, carica di chitarre e risentimento.

Amara rimbalza sui tamburi e si carica di onde elettriche, con un mood avvolgente ma non rassicurante.

Ondate di energia successive caratterizzano anche la molto aggressiva Verme, in cui la chitarra assume una centralità importante.

Si torna alle atmosfere post grunge (non che ci si sia mai veramente allontanati) con Non cambia, aperta dai cori e sostenuta dalle linee di chitarra e basso.

Malati Dentro mette in rilievo, sulle prime, soprattutto un drumming molto muscolare, ma poi si tira dietro tutto il resto della band, in un parossismo molto rumoroso.

Partenza subito serrata per La Pioggia, con chitarre che dardeggiano ovunque e una voce dotata di effetti cangianti.

Substrati stoner, hard rock, colorazioni scure offrono lo sfondo ideale per Mia, con il cantato che qui e là ricorda un po’ l’Edda prima maniera.

La potenza si sviluppa subito e avviluppa Senza di te, che ha toni taglienti e riccioli di chitarra ovunque, che poi divampano in un incendio furibondo.

Un po’ più ragionato l’approccio di Giochi proibiti, che comunque scava nel profondo e nei sotterranei della mente.

Si chiude con Inadatto, aperta da un giro di chitarra e da una sorta di confessione, per una sorta di ballad con momenti però molto ricchi di potenza.

Quello de La Methamorfosi è un disco che suona un po’ old style per quanto riguarda potenza, elettricità, uso della chitarra. Ma non è un male, perché ne trae forza e anche originalità nel mix tra elementi diversi. A uscirne è un disco dalle qualità notevoli.

Genere: stoner, post grunge

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