Lo abbiamo già presentato in streaming (ma per sicurezza, lo si può ascoltare anche qui) ed è appena uscito: stiamo parlando di Cato, disco omonimo del cantautore Roberto Cato Picinali, ex Namasté, ex Luinò, ex frontman del trio Cato, ora rimasto sostanzialmente da solo.
Con il suo sguardo piuttosto alternativo, immerso in densi bagni di pop-rock, il cantautore arriva al primo disco offrendo la propria interpretazione della realtà senza nascondersi dietro un dito.
Accendimi parte con una robusta accelerazione e senza disdegnare la forza degli strumenti, come a voler scacciare subito il dubbio di essere di fronte a un cantautore “classico”.
Più moderati i modi di Luna, che assomiglia a una canzone pop in tutto e per tutto (e non è un male). Veloce non è poi così veloce, ma esprime una certa convinzione grazie a una costruzione strumentale piuttosto ben congegnata.
Diverso parte con rulli di tamburi e una chitarra vagamente tex-mex: in realtà nel corso del pezzo, parzialmente ironico, va notato soprattutto un notevole lavoro di basso, mentre nel finale emergono anche i fiati.
Arriva poi Mario, che con i fiati apre e che inclina verso un pop-jazz: quale sia la storia di Mario in realtà è difficile da capire, perché Cato nel testo non la approfondisce più di tanto.
Man8 è un prolungato intermezzo strumentale con la chitarra acustica in grande evidenza, seguito da Confusione, brillante cavalcata elettrica accompagnata da un testo, diciamo così, sorprendente. Si chiude più morbidi con Princess, un po’ Buscaglione e un po’ Clash.
Durante le sue otto tracce tutte con titolo a una singola parola, sembra che Cato voglia trasmettere un messaggio di semplicità di fondo.
I pezzi sono ben suonati, non rifiutano per preconcetto la via dell’intrattenimento, conoscono il valore del cambio di ritmo e della possibilità ora di correre ora di frenare. Il disco è sicuramente godibile e piacevole.