Gabriele Bombardini esordisce. Oddio, non proprio: il Maestro Bombardini è su piazza da qualche anno, ha realizzato cd e colonne sonore di svariati generi, è andato in tour o in studio con gente come Celentano, Teresa De Sio, Massimo Ranieri, Gianni Togni ma anche Jestofunk, Walter Calloni, Art of Moz.

Eppure è la prima volta che il chitarrista (e musicista a tutto tondo) realizza qualcosa completamente a proprio nome. E c’è un forte senso di appropriazione nel titolo I’m walking alone.

Il disco contiene svariate influenze e si apre a sonorità che vanno dall’ambient al jazz, dal pop al blues, con una marcata preferenza per il suono di chitarra, com’è ovvio.

Del resto, quando un musicista cita fra le proprie influenze Miles Davis, Wheather Report, Bill Frisell, Daniel Lanois, Brian Eno, Pink Floyd, David Bowie, Gustavo Santaolalla, Thomas Newman, Nils Petter Molvaer, più o meno si sa che cosa ci si possa aspettare.

Si apre con quella che, almeno dal titolo, sembrerebbe una citazione floydiana: leggendo Shine On part 1, a molti possono tornare alla mente Diamanti pazzi e discorsi di questo genere. Ma qui è un certo minimalismo a farla da padrone, almeno finché la chitarra distorta non inizia a pretendere il proprio spazio.

Il brano successivo è Sailing (e no, non è una citazione di Rod Stewart) che si muove con una certa semplicità sugli accordi della chitarra acustica, che nella seconda parte lascia il proscenio alla propria sorella elettrica.

Idea! rappresenta un breve intermezzo con accenti psichedelici, che introduce a Children: bambini piuttosto ombrosi, si direbbe, a giudicare dalle oscure trame sonore disegnate dal brano.

Morgana viaggia, come altri pezzi del disco, sia sul piano acustico sia su quello elettrico, come a evocare, visto il titolo, un piano di realtà e un piano magico parallelo.

C’è poi Diamond Shine On part IV (ok, la citazione ora non si può più nascondere), che come nel brano di apertura appoggia i propri suoni in una specie di vuoto pneumatico e li guarda aleggiare dolcemente.

Più acidi e funkadelici i passaggi di chitarra che trionfano in Reverse, anche in questo caso su un panorama sonoro molto scarno, che lascia tutta la luce a concentrarsi sulle sei corde.

Is it cool? è la domanda retorica che intitola il brano successivo, che apre acustico e prosegue elettrico con qualche svisata che turba l’andamento complessivamente tranquillo del breve brano.

Cyclic Experiment rimbalza con cautela su superficie morbida, mentre Peace and love sa di frontiera e ha sonorità che si diffondono con calma in spazi molto vasti.

Psychedelic Snow dialoga sottotraccia tra chitarra e sonorità elettroniche, a costruire un tessuto molto fitto e piuttosto oscuro. Sorprendente l’intro fischiettante di I’m walking alone, che in un certo senso sembra volersela filare via all’inglese.

In apparenza un disco strumentale è sempre in certo modo “difficile”: anche se nella storia non è sempre stato così, la musica strumentale non gode dello stesso mercato e dello stesso seguito di quella dotata di voce.

Bombardini tuttavia ha il dono di rendere le cose semplici: senza rinunciare a un centimetro di qualità, costruisce un disco di ascolto più che godibile, si avvicina ai generi che preferisce ma non ne rimane prigioniero, confeziona un disco che fa di semplicità e creatività i propri pregi maggiori.

One thought on “La recensione: “I’m Walking Alone”, Gabriele Bombardini #traks”

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