Un esordio che parte dallo spazio: i Sonars (Frederick Paysden, David Paysden, Serena Oldrati) pubblicano un ep e fabbricano una propria mitologia spaziale personale.

Jack Rust and the Dragonfly IV contiene quattro tracce e il riferimento a una presunta missione spaziale svoltasi nel 1946, nonché sonorità molto Sixties e attitudine psichedelica.

La prima traccia, Desert Moon ha connotati curiosi: si parte con comunicazioni, presumibilmente del colonnello Jack Rust, che non spariranno mai del tutto durante il brano, e si prosegue con un giro ripetuto e sonorità quasi easy listening, molto ovattate ed eleganti.

Dragonfly IV si muove su onde sinuose e porta movimenti pop in un contesto piuttosto articolato che annovera sonorità vintage e confinanti con lo psichedelico.

Veloce e vintage anche Flowers in Love, che ha memorie dirette della fase psichedelica dei Beatles (si veda un drumming chiaramente ispirato a quello di Tomorrow Never Knows), ma che porta alla mente anche fasi più recenti del pop britannico (gli Suede, per dirne una).

E’ acustico l’accesso a Dilruba, traccia che trae il nome dallo strumento indiano simile al sitar ma suonato con l’archetto (e utilizzato, guarda la coincidenza, anche dai Beatles in Sgt.Pepper).

Le quattro tracce danno un assaggio già piuttosto corposo almeno dei gusti raffinati del terzetto, capace non soltanto di mettere su digitale le proprie evoluzioni sonore, ma anche di raccontare una storia attraverso di esse. Non è poco.

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