Non è un esordiente, visto che ha alle spalle un disco del 2012 (“Notes through the years”). Non è nemmeno un novellino, visto che canta e suona con la consapevolezza di un professionista consumato, senza perdere in freschezza.
E’ indubbiamente un talento Giuliano Vozella, nome italianissimo ma autore ed esecutore di un disco, Ordinary Miles, che si muove totalmente su binari internazionali, tra modelli folk-rock molto nobili (viene in mente la lezione di James Taylor), senza perdere di vista una fruibilità totale e immediata.
L’apertura del disco è affidata a The Maze, che porta subito in clima acustico, gigioneggiando un po’ di chitarra, con un’impronta al vago sapor di jazz che nel resto del disco torna ma soltanto a tratti.
Si muove in ambiente più folk-rock Daily Routine, in cui gli archi aggiungono intensità a una costruzione complessiva piuttosto articolata, arricchita dal duetto con Matteo Terzi “Soltanto”.
This Green Garden è uno dei pezzi più pop del disco, ma senza che questo significhi che si trascurano i particolari, l’arrangiamento, l’arricciolarsi della chitarra acustica nel momento giusto.
Calano i giri con Lullaby for you, ballata forse un po’ convenzionale ma intensa e ben costruita. Più mossa ma anche pensosa la title track Ordinary Miles, in cui emergono le note del pianoforte a guidare una melodia cui si aggiunge presto la voce di Carolina Bubbico a tessere un duetto.
Solo strumentale è Juliet is here, ma è qualcosa di più di un piacevole intermezzo: piuttosto un momento di confronto tra strumentisti, una suite decisamente prolungata che supera i nove minuti totali.
Si ritorna a movimenti diversi con Dear home, piuttosto mossa e ballerina, con la variante della Resophonic guitar di Sebastiano Lillo, ad accentuare l’ampiezza dei panorami simil-americani.
Più arrabbiata di quanto prometterebbe il titolo Lovely, in cui l’hammond regala un retrogusto acido che fa sì che si stacchi dal resto del disco per personalità. Anche The art of traveling mantiene un che di amaro nel cantato e si avvale dell’elettricità per caricare di ulteriori significati la costruzione del discorso.
Si chiude con More to say che può ricordare per l’incedere certi lavori blues (anche italiani, tipo Pino Daniele) e che mostra un altro lato ancora delle capacità di Vozella.
Ci sono parecchi aspetti di “Ordinary Miles” che possono sorprendere: uno è certamente la varietà. Se Vozella si fosse “seduto” sul folk-rock di “This Green Garden”, avrebbe ottenuto comunque un disco dignitosissimo e forse perfino più facile da vendere.
Invece ha seguito la sua chitarra, e anche qualche passione, e si è recato in luoghi meno sicuri ma più interessanti. Il risultato è davvero di livello e davvero meritevole di platee consistenti e attente.
bel disco, concordo!
[…] siamo fatti raccontare come nasce il suo disco (qui la nostra recensione), ed è emerso anche un rapporto speciale, con […]