Le Feste Antonacci, “Uomini Cani Gabbiani”: la recensione

Uomini Cani Gabbiani è il nuovo disco de Le Feste Antonacci, fantasioso duo di autori, compositori, polistrumentisti e produttori italiani di base a Parigi. Un disco a vocazione mistica che ribalta ogni convenzione fino a risultare straordinariamente pop (o perlomeno per come intendono loro il pop). 

Immagini ben delineate che si stagliano nette in quella grande confusione che è la vita, costeggiando la tragedia insita nell’esistenza con un mix taumaturgico di entusiasmo pazzo, leggerezza e un’onesta ansia sullo sfondo. Testi che si muovono sulle linee di mantra impazziti, che si ripetono e si rincorrono, con una follia lucida e puntuale, portatrice spudorata di verità scomode. 

Le Feste Antonacci traccia per traccia

“Non importa chi sei” e non importano un sacco di altre cose secondo il testo di Uomini nudi, che apre il lavoro con sensazioni disco molto 80s, pianolette e falsetti compresi. Si viaggia anche un po’ nel grottesco qui e là, ma tutto fatto con gusto e ironia. “E’ una storia belissima“, del resto. Tranne che per “uomo giacca”.

Ci sono un sacco di scatole, un sacco di specchi e moltissima forza all’interno di P.U.L.P., sorretta da un groove abbastanza irresistibile. Il basso impazza su un pezzo molto funk, molto propenso a giocare con parole e suoni.

Discorsi di reciprocità cantati in falsetto aprono Porgi l’altra guancia, pezzo abbastanza biblico, qualora si abbia in mente una Bibbia cantata dagli Earth, Wind & Fire o giù di lì. C’è anche una parte nettamente più muscolare del brano (del resto la Bibbia è un libro molto muscolare, non fa una piega).

Non una ballad, ma un pezzo più riflessivo e strumentale si colloca a metà disco: Aquekete regala tre minuti di sostanziale pausa un po’ cosmica e un po’ meditativa. Ricordi di un’infanzia molto inquietante animano Ora è meglio di prima, che ha un coro ma anche un atteggiamento che sa di punk e apre gli occhi su realtà che ci corrono sotto gli occhi ogni giorno.

Ancora più scalmanata Siena/Firenze, che corre lungo l’autostrada in maniera un filino maniacale. Il brano si allunga e si fa sempre più parossistico, anche più cupo e sempre più ricco di una tensione che non sembra volersi sfogare mai. Ma un improbabile finale acustico racconta qualcosa di più delle ragioni di tutto questo correre.

A chiudere, ecco la breve Uomini Cani Gabbiani, title track altrettanto acustica e un filo improvvisata, con qualche censura e qualche risata.

C’è una tale massa di piccole idee che si incastrano nelle canzoni de Le Feste Antonacci che sicuramente ce ne siamo persa qualcuna. Per fortuna il disco si può, e si deve, riascoltare molte volte, perché merita. Un’iniezione di fantasia e di divertimento che rinfresca un’estate già afosetta di suo.

Genere musicale: elettronica, dance, pop

Se ti piacciono Le Feste Antonacci ascolta anche: Venus in Disgrace

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