Se la prima cosa che pubblichi con la tua nuova band si chiama EP2, è chiaro che le cose semplici ti interessano poco. Fatto sta che è così che si chiama il debutto dei LEV, band dislocata tra Padova, Bologna e Londra.
Formata da cinque elementi ( Matteo Fio, Tommaso Russo, Leonardo Rossi, Giulio Abatangelo e Alberto Pagnin), alcuni dei quali attivi anche con Klune e Godblesscomputers. L’ep di cinque brani uscirà ufficialmente domani, 29 settembre. Nella loro musica si leggono echi di Kings of Convenience, elettronica low-fi, Damon Albarn, David Byrne.
LEV traccia per traccia
L’ep si apre con Damn Dogs, pezzo in cui le caratteristiche del pop internazionale più elegante si mescolano, senza sforzo, con qualche caratteristica vintage legate all’easy listening anni ’60-’70. Il risultato è un mix (o, se si vuole, un pastiche) che al su citato Albarn non dispiacerebbe, compreso il battimani finale.
Un po’ più ritmata l’apertura di Paranoia da Ballo, che a dispetto del titolo è cantata in inglese: sulle prime la melodia sembra articolarsi su pochi elementi semplici, ma con l’andare del pezzo la parete si colora in maniera più fantasiosa.
Soft e compassata è la seguente Null (kramut), che insiste su qualche inserimento acido della chitarra a movimentare un panorama per il resto piuttosto calmo e contemplativo.
Si balla un po’ e con ritmiche molto movimentate grazie a Joey Told Me, sempre con visibili appigli internazionali nel sound ma anche con un’ottima personalità altrettanto in bella vista. Si chiude con Reflections, riflessi di nuovo calmi e contenuti, in un’alternanza di ritmi piacevole e ben costruita.
Le canzoni dei LEV sembrano acquistare forme mutevoli con l’andare delle battute. La band, all’esordio, sembra già caratterizzata da uno stile ben determinato, il che non è poco. C’è curiosità per sentirli all’opera su un album completo.
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