1000738_3275097931568_1415529129_nUn’operazione di recupero, rilettura e riassaporamento: gli GnuQuartet hanno preso cinque classici di band progressive e dintorni (cioè Yes, Genesis, New Trolls, più due che hanno viaggiato molto vicino al progressive, ovvero Frank Zappa e Pink Floyd), hanno unito un inedito e hanno pubblicato Karma – GnuQuartet in Prog.

Il quartetto (viola, violino, violoncello e flauto) ha prestato la propria versatilità a brani come The Great Gig in the Sky, Concerto Grosso o Roundabout, in modo spesso spiazzante. Li abbiamo intervistati.

Come nasce l’idea di reinterpretare e omaggiare alcuni capisaldi della musica progressive anni Settanta?

In parte sicuramente per motivi generazionali. Anche per motivi formativi. La musica PROG anni 70 rappresenta il primo tentativo di nobilitare il rock grazie all’apporto di altri generi musicali e di una complessità compositiva molto intrigante per chi ha studi classici alle spalle.

Un altro motivo è che i nostri primi lavori discografici hanno trovato con difficoltà  una collocazione di genere sugli scaffali dei negozi. Non è jazz ma neppure classica.

Il rock invece è un ingrediente prezioso nelle nostre composizioni che viene trasfigurato da influenze minimaliste e sonorità sperimentali. È musica con una forte propensione sperimentale, in cammino, progressive.

Tutti i brani di cui avete fornito la vostra interpretazione sono, per certi versi, dei “monumenti”. Ma come vi è venuto in mente di rifare “The Great Gig in the Sky”, per di più facendo cantare la leggendaria Durga McBroom-Hudson, cioè la vocalist originale del pezzo dei Pink Floyd?

Gran parte del merito va a Claudio Cutrone nostro collaboratore in questo progetto. Ha creato un’occasione di incontro dalla quale è nato un rapporto di stima reciproca. A detta di Durga questa è la versione più rivitalizzata che le sia capitato di cantare.

Da che tipo di ispirazione e di lavoro nasce invece “Stereotaxis”, l’unico brano originale del disco?

E’ una composizione nata all’improvviso, scritta tutta d’un fiato e in un’unica giornata. Riassume tutto quello che sono stati gli Gnu dal 2006 a oggi, aprendo un nuovo modo di approcciarsi alla scrittura musicale, pieno di libertà e con la necessità di temi musicali con un più ampio respiro.

Una sorta di colonna sonora senza film, che possa, oltre che farsi ascoltare, raccontare all’ascoltatore una storia.

La vostra bio ufficiale recita “Gli Gnu nascono sotto la stella della P.F.M. al Teatro Nazionale di Milano nel 2006”. E allora perché nel disco non c’è nulla della PFM?

L’idea originaria era quella di produrre un EP con composizioni di autori non italiani. Concerto Grosso è quasi una bonus track, un omaggio a Vittorio De Scalzi e al lavoro sui concerti grossi che abbiamo affrontato insieme a lui con le nuove registrazioni, un meraviglioso dvd live e l’album Seventh Season.

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