Una messe di collaborazioni, progetti, lavori di squadra o individuali, un’etichetta appena fondata e ora un “esordio” a proprio nome: Massimo Discepoli pubblica Parallax e disegna panorami strumentali in cui è protagonista l’amata batteria (qui la recensione e in fondo all’articolo il disco intero via Bandcamp). Ecco le nostre domande e le sue risposte.

Vista la quantità di progetti con varie formazioni e sotto altri moniker, viene da chiedere perché un disco a tuo nome, e perché proprio ora.

Ho scelto di far uscire Parallax sotto il mio vero nome perché credo che sia il più personale fra tutti gli album che ho realizzato finora, grazie anche alla scelta di dare un risalto maggiore alla batteria, che è il mio strumento principale e il primo che ho iniziato a suonare.

Che ciò avvenga dopo diversi anni di lavori sotto altri moniker è solo incidentale, ma credo che sia meglio così, dato che in questo periodo ho avuto modo di maturare e fare esperienze, e quindi ora posso mettere il mio vero nome su un lavoro più maturo, privo di quelle incertezze che a distanza di anni posso riscontrare nei miei primi album.

Dato che sei anche fotografo, mi è venuto spontaneo pensare al termine “Parallax” in termini fotografici: qual è il punto di vista differente da cui il disco prende spunto (oppure l’errore di parallasse da correggere)?

Premesso che per me la fotografia è solo una passione, devo dire che nella mia musica sono sempre presenti delle ispirazioni visive.

Nello specifico, in questo disco il termine “Parallax” assume un significato più tecnico, e fa riferimento ai procedimenti compositivi impiegati: infatti in questo lavoro ho cercato di sovrapporre molte frasi melodiche e loop di lunghezze differenti, le quali, ripetendosi, iniziano ogni volta in un punto diverso.

Ciò può creare la sensazione di parti musicali che si muovono a varie velocità, proprio come quando, per esempio guardando dal finestrino di un’auto in movimento, l’effetto della parallasse ci fa vedere i vari elementi del paesaggio “muoversi” a diverse velocità, a seconda della distanza da noi.

Vista la tua storia e la natura dei pezzi, sono curioso di sapere qual è lo spunto iniziale da cui partono i tuoi brani: prima una linea di batteria e poi tutto il resto intorno oppure al contrario?

Potrà sembrare strano, ma in “Parallax” nessun brano è nato da uno spunto di batteria; in altri lavori è avvenuto, ma sempre meno di quello che uno potrebbe pensare, considerando che la batteria è il mio strumento principale.

In realtà lo spunto iniziale per me può essere costituito da qualsiasi cosa, sia essa una linea ritmica o melodica, o anche un semplice suono di synth particolarmente ispirante. A volte la batteria nemmeno la inserisco in alcuni brani!

Suoni, insegni a suonare e ora hai anche fondato un’etichetta, la DOF: quali sono le motivazioni di questa nuova esperienza?

Ho scelto di creare DOF dopo un po’ di tempo passato a osservare la cosiddetta “scena” musicale elettronica e sperimentale…  un calderone dove teoricamente dovrebbe entrare di tutto ma che, secondo la mia opinione, ovviamente del tutto personale e opinabile, si rivela molto più ristretto di quanto dovrebbe essere.

Mi sembra che la maggior parte degli artisti e musicisti di questa scena sia interessata a farne parte più per un bisogno di appartenenza, quasi come una moda, che per un effettivo spirito di ricerca musicale, e molto spesso mi capita di ascoltarne diversi, osannati come importanti esponenti del genere, che a mio giudizio si rivelano simili a tanti altri: tutti ossessionati dalla ricerca timbrica (a discapito di quella melodica, armonica e soprattutto ritmica), tutti rivolti verso un certo tipo di “estetica”, tutti iperproduttivi, con diverse uscite ogni anno fra album propri e collaborazioni varie.

Questo è alimentato anche da riviste e siti del settore, che troppo spesso mi sembra privilegino quei musicisti che rientrano in un certo ambito, trascurando invece quelli che realmente fanno un lavoro di ricerca, sovente allontanandosi dalle strade più battute.

Ho deciso quindi di creare DOF per dare uno spazio a quegli artisti che siano realmente interessati a creare qualcosa di nuovo, che abbiano una visione della ricerca che vada oltre la mera sperimentazione timbrica, e il cui obiettivo non sia quello di sfornare un album dopo l’altro, ma viceversa quello di lavorare con dedizione a un progetto anche per un periodo molto lungo se necessario… del resto è così che è stata creata grande musica nel passato, mentre ora chiunque possiede un computer si sente autorizzato a definirsi “producer” o “artista”.

Essendo poi io un musicista, sono particolarmente interessato a promuovere quegli artisti in cui l’uso creativo dell’elettronica sia affiancato a una solida presenza strumentale, che vada quindi oltre i due soliti accordi di chitarra trattati elettronicamente che molti sembrano prediligere.

Il primo album uscito su DOF è proprio il mio Parallax, cui seguirà presto il nuovo disco del chitarrista serbo Sava Marinkovic; l’idea è comunque quella di limitare al massimo la frequenza delle uscite, cercando di privilegiare i lavori più interessanti e che abbiano qualcosa di nuovo da proporre.

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