Sembrano emergere dalle brume della Britannia più oscura, ma le Winter Severity Index sono italiane, pur con un’infatuazione per la dark wave d’Oltremanica. Abbiamo recensito il loro Slanting Ray qui, ma qui ci sono le risposte di Simona Ferrucci alla nostra intervista.

Vorrei conoscere la vostra storia fin qui.

Il progetto Winter Severity Index è nato nel 2009 dall’incontro fra quattro amiche. Con Diana Salzo, al basso nella prima formazione, già suonavo da diversi anni. Con Valeria Elyria e con Valentina Mushy suonavo in un altro progetto già da qualche mese.

Entrambe le formazioni non portavano grandi frutti per problemi logistici soprattutto relativi agli altri membri. Così abbiamo deciso di unire le forze e di creare un progetto insieme. Casualmente, infatti, ci siamo trovate a suonare in un gruppo tutto al femminile.

Quello che vorrei sottolineare è che questo progetto non è stato ideato “a tavolino”, è nato spontaneamente dalla volontà di persone appassionate di musica quanto me. Purtroppo questa prima formazione ha avuto vita breve, sebbene intensa.

Dopo un anno di attività continuativa nel 2011, anno nel quale abbiamo realizzato il nostro primo ep omonimo autoprodotto e suonato in molte occasioni sia in Italia che all’estero, il gruppo si è sfaldato proprio perché era frutto di un incontro genuino e come tale si è dovuto scontrare con i problemi personali di noi tutte.

E poi, che è successo?

Non è stato un bel momento quello lì, non c’è stato un vero motivo di natura artistica che ci ha allontanate, ma strettamente di natura personale e come tale, assolutamente legato alla contingenza di quel periodo che stavamo attraversando.

Siamo rimaste Valentina e io e insieme abbiamo cominciato a lavorare in una maniera del tutto differente: con la traccia Embracing the Void ( presente anche nel nostro ultimo LP in una versione diversa) per la compilation Death#Disco vol.2 abbiamo scoperto che la nuova formazione in duo era stimolante e produttiva, così abbiamo realizzato assieme un nuovo ep di quattro tracce e un remix di Luciano Lamanna, Suvival Rate, stavolta in vinile, per la Blood Rock di Genova.

Con Valentina le cose erano molto difficili da gestire per una sua mancanza di tempo da dedicare al progetto, visto il suo impegno preponderante come Mushy e quindi, dopo circa un anno, ai synth è subentrata Alessandra Romeo, già nei Cat Fud e nei Bohemien.

Con Alessandra c’è sempre stata una grande intesa: oltre a condividere appieno con lei una certa visione della musica caratterizzata da un’atmosfera malinconica e oscura, ho trovato in Alessandra una persona estremamente colta e profonda e mi ritengo assai fortunata di condividere oggi il progetto con lei.

Un nuovo inizio, quindi.

Il primo lavoro che abbiamo realizzato assieme è stata la cover di Static Cold per la compilation dedicata al ventennale di carriera dei The Frozen Autumn, Riding the Crest of the Frozen Wave, per la Calembour Records. Successivamente, in parallelo all’attività live, abbiamo cominciato a lavorare al primo full lenght di Winter Severity Index.

Il nostro lp, Slanting Ray, ha visto la luce lo scorso Aprile ed è stato realizzato da Manic Depression in versione cd e da Blood Rock in doppio vinile. Siamo veramente soddisfatte di questo nostro lavoro, entrambe pensiamo sia la cosa migliore che abbiamo fatto nella nostra vita. Sinceramente. Anche se, ovviamente, sono sempre dell’avviso che il meglio deve ancora venire.

Ultimamente è stata pubblicata anche una nostra cover di Candidate dei Joy Division per la compilation Decades 3.5, a Joy Division Italian Tribute, in occasione dei 35 anni dall’uscita di Unknown Pleasures, per iniziativa di Darkitalia.

Una traccia in anteprima del nostro nuovo progetto, uno split con i Der Noir di cui più avanti daremo notizie più dettagliate, è stata invece pubblicata nella compilation relativa al festival Distanze, da poco tenutosi a Roma, al quale abbiamo preso parte e che ha visto la partecipazione di progetti nostrani di ieri e di oggi di grandissimo rilievo, come Ivories ( ex Jeunesse D’Ivoire), Intelligence Dept, Colloquio, Aidons la Norvege e Der Noir.

Per l’autunno abbiamo già qualche data confermata in Europa (Vienna, Angouleme, Rennes e forse Parigi) e speriamo che altre se ne aggiungeranno.

Trovo che i testi del disco abbiano una forte connotazione introspettiva e talvolta pessimista: si tratta sempre di storie vissute in prima persona o gli spunti arrivano anche da altre fonti?

Sono per lo più storie vissute in prima persona. Ma non credo che la mia vita possa essere considerata più o meno tragica o interessante di quella di tutti gli altri esseri umani, penso che le mie riflessioni e impressioni siano condivisibili pressoché da tutti.

Con questo voglio dire che non ritengo di avere una visione illuminata o rivelatrice su qualsiasi aspetto dell’esistenza. Tento solo di comunicare efficacemente in musica e attraverso i testi ciò che è difficile dire altrimenti.

Quanto alle sonorità, sembra di fare un tuffo nella dark wave degli anni Ottanta… Vorrei sapere se la ricerca sonora per ricreare quel tipo di suono si è spinta fino all’utilizzo degli stessi strumenti del periodo oppure se vi siete aiutate con campioni ed elettronica.

La nostra ricerca sonora ovviamente non prescinde dai nostri gusti personali e dalla nostra formazione come musiciste. Se la nostra musica è particolarmente vicina alla dark wave degli anni Ottanta ciò avviene in maniera assolutamente involontaria.

Non vogliamo ricreare un suono specifico quando componiamo un pezzo, se non il suono che c’è nella nostra mente. E ovviamente questo è pesantemente influenzato dai nostri ascolti. Ciò che molti non riescono a comprendere è quale peso personale abbia avuto per noi questa musica.

Ascoltare i Joy Division, i Cocteau Twins o i Chameleons per noi non è stata un’esperienza puramente estetica ma una sorta di salvezza dalle nostre nevrosi. Ci sono suoni che evocano determinati stati d’animo che sentiamo profondamente nostri.

La tavolozza sonora della quale ci serviamo è stata sicuramente già sperimentata in passato, ma il suo utilizzo rimane immediato, poco ragionato. A noi non interessa tanto la sperimentazione fine a se stessa quanto la volontà espressiva, perseguita fino all’ultima nota.

Il disco è già in pista da qualche settimana: che tipo di riscontro avete avuto, soprattutto dal vivo?

Da aprile a oggi abbiamo avuto modo di portare il nostro nuovo set sia in Italia (Carpi, Roma, Nola) sia in Europa ( Bruxelles, Hilden) e ovunque abbiamo ricevuto feedback molto positivi.

Soprattutto nelle nostre date all’estero abbiamo sempre di fronte un pubblico attento, che non vuole semplicemente divertirsi ma che intende godere della musica appieno.

La nostra musica è quanto di più distante dal concetto di intrattenimento, per questo penso che non avremo mai una connotazione mainstream.

Ma del resto, ci piace tenerci a debita distanza dalla follia collettiva del successo mediatico a tutti i costi. Preferiamo badare alla sostanza. E i risultati in materia di pubblico ci danno ragione.

3 thoughts on “L’intervista: la volontà espressiva delle Winter Severity Index”

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