Made In Italy – 10 nuovi nomi di una scena italiana che canta rigorosamente in inglese

made in Italy

Sarà il risultato di una generazione cresciuta con le serie televisive in lingua originale, oppure i retaggi incontrollati di chi faceva i viaggi in macchina con la new wave degli anni Ottanta, forse soltanto la voglia di allargarsi e parlare anche al di fuori del territorio italiano (certo, dev’essere complice una pronuncia credibile), ma sono sempre di più i gruppi dell’underground italiano, e in particolare milanese, che decidono di parlare inglese. Ne abbiamo trovati dieci, scavando nelle playlist Spotify, nei localini di provincia e nei comunicati stampa più improbabili. Qui dieci artisti, e dieci relativi brani, dal sapore internascional.

Hesanobody

Calabrese, ma con il mood della nebbia britannica (o più semplicemente milanese) nel sangue, la voglia di ballare immergendosi in una innegabile piscina di acque calde di post punk. Segno che anche il sud d’Italia avrebbe una scena fervente, un sound internazionale che può godere delle influenze accessibili a tutti, e allo stesso tempo di un calore umano raro, tipicamente terrone. Il suo ultimo video/singolo, NIGHT 23, tratto dal suo ultimo ep, ne è la prova. Lo abbiamo visto all’Arci L’Impegno a Milano, dove sembrava conquistare il palco di San Siro con una naturalezza e confidenza che gli invidiamo parecchio.

The Heart And The Void

Rappresentante folk in questa lista. Se siete innamorati di Passenger, Stu Larsen e The Tallest Man On Earth, potreste ritrovare facilmente quella malinconia acustica e straziante anche nel progetto di Enrico Spanu, intenso, libero e itinerante come vuole lo stereotipo del cantautore folk. Da ascoltare in viaggio, sotto la pioggia, mentre si studia, l’ultima settimana prima della fine delle vacanze. Lo abbiamo visto suonare praticamente ovunque, persino a Berlino, proprio in apertura al più celebre Stu Larsen.

Jessica Einaudi

Figlia del più celebre Ludovico, Jessica Einaudi propone un nuovo raffinato pop d’autore a tinte unite, calma e bidimensionale, fredda e glaciale, il suo è un atteggiamento da diva nostalgico e al quale non siamo più abituati. Ci vuole molto fascino e anche un po’ di coraggio per dare vita a un progetto come quello di Jessica Einaudi. Per chi vede il mondo bianco e oro, a chi piace la pubblicità di J’adore, l’electro pop e le voci calde e minimali. L’abbiamo vista al Linecheck di quest’anno, composta e raffinata come una prima timida Mina nella RAI in bianco e nero.

Lessness

Progetto solista di Luigi Segnana, ex membro di Casa Del Mirto. Imparata la lezione sull’elettronica made in Italy, Lessness confeziona un nuovo genere fatto di electro-pop, post-punk tutte le influenze new-wave che la storia musicale ha potuto offrire. Stratificato e complesso, che non ha nulla da invidiare al migliore Jon Hopkins. Un nuovo album in uscita nel 2019, nuovo manifesto per tutti i romantici senza speranza. Cresciuti con i Cure e che oggi ascoltano James Blake. Non l’abbiamo mai visto, e anzi non siamo neanche così sicuri che esista.

L I M

Il suo nome sembra in effetti ricordare quello delle lavagne multimediali, ma ai più attenti non sarà sfuggito questo nome. Prima metà femminile degli Iori’s Eye, che un po’ in effetti ci mancano, ora solista. Minuta, androgina, un immaginario che sfiora la fantascienza e non manca di conquistare al primo ascolto. Se qualcuno tentasse di spacciarla per la figlia di David Bowie, probabilmente non farebbe così fatica a trovare appoggi, con quello sguardo triste e quell’aria aliena. L’abbiamo vista al MIX di Milano, nella piazzetta del Piccolo Teatro, magnetica e sinuosa.

Caveleon

Nuovi nella realtà suburbana milanese, suonano come se Mark Lanegan accettasse un featuring con gli Alt-J, non sono un mix perfetto, sono due elementi separati e distinti, una voce profonda e quasi rauca, d’indole rock, e un’anima electro-pop che suonano incredibilmente bene. Da scoprire prima che diventino famosi, perchè probabilmente li vedremo spesso (per ora li abbiamo visti in apertura ai Pere Ubu in Santeria, e nei vari barettini milanesi) soprattutto, speriamo davvero, anche all’estero.

TUM

Succede che il cantante dei Pocket Chestnut fa un viaggio in India e torna con un’energia rinnovata e tante avventure da raccontare. Sembra un po’ questo lo spirito che muove Tommaso Vecchio, in arte TUM, che avvia questo nuovo percorso solista con il singolo DarKer – un racconto che nasce in India, ma che suona come il un indie-country americano a là Giant Sand, un mix unico e autentico che trascina come una nuova compagnia in un viaggio solitario. Lo abbiamo visto bazzicare a così tanti concerti milanesi, a parlare con tutti, parlare acidamente di musica, e ridere di tutto.

Pashmak

Band milanese che muove i suoi primi passi nel prestigioso liceo Carducci, e da acerba band liceale, i Pashmak diventano un’istituzione dell’underground meneghino. Di origini lucane, siciliane, statunitensi e persino iraniane, i Pashmak suonano esattamente così, stratificati e complessi, di influenze molteplici che riescono a toccare dalla word music al post punk. Sta per uscire il loro nuovo album Atlantic Thoughts con, sorprendenti come è loro natura, due brani in italiano. L’impressione è quella di averli visti suonare un po’ ovunque, ma indimenticabile fu un concerto al Chiostro Bistrot, a celebrare gli ultimi giorni estivi di qualche anno fa, in pieno centro a Milano.

Any Other

Pupilla in casa 42 Records, Adele Nigro sembra essersi imposta come rappresentante italiana di questa nuova tendenza international. Partita dalle Lovecats, poi turnista per l’ultimo tour di Colapesce, ora madrina degli Italians Do It Better. Un’anima punk e ribelle, dapprima libera e strillante, ora incalata in una nuova dimensione a tinte electro pop. Un secondo album confezionato ad hoc, un prodotto Tumblr, preciso e sintetico. Perfetto. L’abbiamo vista come ospite di Andrea Poggio all’Ohibo e, più recentemente, intima ma pur sempre con quella ritrosia felina che la caratterizza, all’Ostello Bello di Milano.

Ginevra

Solo un singolo, dal titolo Forest. Un vero, puro e fragile momento di dialogo fra Ginevra e la persona che ascolta. Un nuovo mistero musicale del quale non si capisce la provenienza. Elettronica lamentosa e minimale, che si fonde con una voce pura e calda, con rimandi infantili, quasi sintetica. Compare, come un miraggio, un volto elfico che la rappresenta, come copertina della Italians Do It Better. Cantautrice torinese, classe 1993. Non sappiamo molto altro, e non vediamo l’ora che non sia più così.

Smoking Area

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