Mapuche, “Il Sottosuolo”: la recensione

mapucheSi chiama Il Sottosuolo il nuovo album, in uscita il 28 aprile su etichetta Doremillaro/Bandbackers, di Mapuche. Prodotto da Cesare Basile, il disco, che sarà presentato giovedì 13 aprile giovedì al Teatro Coppola di Catania con lo stesso Basile e Simona Notaro, contiene nove brani di cantautorato dalla personalità stravagante. Era il 2008 quando Enrico Lanza crea Mapuche. Nel 2011 viene pubblicato il primo ep “Anima Latrina”, edito da Doremillaro (sb) Records. Segue “L’uomo nudo” album edito da Viceversa Records e prodotto da Lorenzo Urciullo (Colapesce).

Nel 2014 è la volta di un altro ep “Compreso il cane” prodotto da Viceversa Records, registrato al Waterbirds Studios da Tony Carbone. Nel 2015 esce “Autopsia”, sempre per Viceversa Records, produzione artistica affidata ad Alessandro Fiori, registrato tra la Toscana e la Sicilia, disco molto intimo che registra un cambiamento di scrittura e temi più sofferti e meno ironici. Enrico Lanza è coinvolto anche in altri progetti musicali della scena catanese, come Bestiame e Gurkha.

Mapuche traccia per traccia

Si parte da L’introduzione, che non è una vera e propria introduzione ma un pezzo fatto e finito, con un loop di chitarra ripetuto accompagnato dalla voce leggermente e volutamente inespressiva di Mapuche. L’iterazione degli accordi è una caratteristica comune anche a La Camicia, mentre Il Padre si costruisce su progressioni diverse ma comunque semplici. Il testo si fa tagliente e la voce è sempre al centro della scena.

Molto sofferta e accompagnata da sonorità quasi etniche Il Risveglio, costruita in crescita. Un po’ più smilza, per quanto riguarda le sensazioni, è Il Terrore, tutto sommato allegra anche se il discorso cozza con un testo non proprio ottimista. Il pianoforte sorprende all’inizio de L’Attesa, più gentile della media delle canzoni del disco.

Sensazioni allargate invece ne Il Sottosuolo, la title track che cerca di allargare lo sguardo con l’aiuto del drumming e delle chitarre, che disegnano fondi sfumati per un pezzo dall’umore tutto sommato sereno, almeno per la media del disco. La Bestia utilizza suoni di flauto e costruisce sottofondi morbidi di fronte a un testo minaccioso ancorché surreale. Si chiude con Epilogo, ballata elettrica e un po’ dolorante.

Mapuche pubblica un disco in cui l’originalità spicca come caratteristica migliore, seguita a breve distanza da una sincerità tagliente e spesso dolorosa.

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