marco cantiniMarco Cantini ha pubblicato da poco L’orrore, canzone e video ispirato alle vicende narrate ne La Storia di Elsa Morante. Un racconto di violenza e solitudine, che ha colpito così tanto il cantautore toscano da ispirargli anche il resto del disco di prossima uscita. Lo abbiamo intervistato.

Partiamo dalla canzone: “L’orrore” traspone in musica una parte della vicenda narrata da Elsa Morante ne “La Storia”. Come nasce l’idea e quali sono state le difficoltà maggiori nell’affrontare una vicenda così delicata ma in qualche modo così tuttora attuale?

“L’orrore” anticipa un album che conto di fare uscire nei primi mesi del 2018. Non parlerei di difficoltà, ma del desiderio di riprendere un discorso interrotto nel precedente lavoro discografico. Ho sentito il bisogno di continuare a narrare vite di altri che ci appartengono, la Storia dei vinti, la Storia mortuaria per definizione.

E ho ritenuto l’opera della Morante ideale al mio scopo: un romanzo che aveva come obiettivo quello di recuperare una coscienza sociale e civile, schierandosi contro il sistema della sopraffazione, un “campione estremo e sanguinoso dell’intero corpo storico millenario”, come lei stessa lo definì, raccontando quel punto di orrore definitivo rappresentato dal ventesimo secolo. Vorrei considerare questo disco che verrà come un paratesto del romanzo, atto a sottolineare in qualche modo anche la mia interpretazione del libro stesso.

Che cosa ti ha colpito in particolar modo della scrittura della Morante?

La Morante recuperò la tradizione ottocentesca, realizzò un romanzo popolare per arrivare a un pubblico vasto, ebbe il coraggio di restare fuori da qualunque modello politico e letterario accettabile nel 1974 in Italia (anno di uscita del romanzo), e dette modo di riflettere sui meccanismi da sempre oliati di un potere che schiaccia e distrugge, che ciclicamente fa la Storia a discapito di milioni di esseri umani. In questo, dopo più di 40 anni, resta indiscutibilmente attuale.

Come dicevo in precedenza, per me omaggiare la scrittrice e la sua opera è stata anche un’occasione per prolungare un progetto più ampio – volto a indagare, e indirettamente fissare un punto di vista sul nostro passato sociale e politico – iniziato da “Siamo noi quelli che aspettavamo”.

Anche il video mi sembra particolarmente “pensato”: puoi raccontare qualcosa della sua lavorazione?

Tengo a ricordare che è stato realizzato dagli amici Giacomo De Bastiani e Lorenzo Ci, pontassievesi come me: il loro prezioso apporto a questo progetto musicale proseguirà anche in futuro. Il brano racconta uno stupro avvenuto nel 1941, ma l’obiettivo delle immagini era soprattutto evocare la violenza di un abuso, elaborato e percepito da una donna – tristemente, oggi come allora – nella quotidianità. Evidenziando la sua convivenza interiore con le ferite indelebili che un simile atto comporta.

“L’orrore” farà parte del tuo prossimo disco: ci puoi anticipare qualcosa in merito all’album?

A differenza del precedente, sarà un disco registrato in gran parte in presa diretta. In novembre andrò in studio di registrazione con il produttore artistico Gianfilippo Boni e gli altri eccellenti professionisti con i quali ho la fortuna di lavorare da qualche anno: cercheremo di rendere ancor più vive le canzoni sfruttando l’empatia dei musicisti, per cogliere e fissare quel groove e quelle emozioni restituite dal piacere di suonare live.

Come nasce la tua collaborazione con Francesco Moneti?

Contattai Francesco nella primavera del 2015, per chiedergli di suonare in “Technicolor”, un brano di “Siamo noi quelli che aspettavamo”: accettò con entusiasmo dopo aver sentito il brano, e da lì è nata una collaborazione ed un’amicizia che per me è motivo di grande soddisfazione.

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