mariaFausta, “Million Faces”: la recensione

mariaFausta ha pubblicato Million Faces, disco scritto, prodotto e arrangiato interamente dalla cantante e compositrice siciliana. Il debutto di mariaFausta come solista riflette la volontà di essere accessibile a tutti, pur non rinunciando alla propria natura e alle diverse qualità degli stili che ama.
L’amore per l’orchestra, dalle sonorità più classiche a quelle più moderne, l’amore per il rock, l’elettronica, il progressive, il blues, il jazz e la musica pop. Al disco hanno collaborato anche musicisti di fama internazionale – tra gli altri il violinista classico italiano Franco Mezzena, l’armonicista jazz francese Olivier Ker Ourio e il bassista di flamenco francese Didier Del Aguila.
mariaFausta traccia per traccia
Si parte da vaste dosi di melodia. Look Over approfitta degli archi per sottolineare la voce di mariaFausta che si muove con disinvoltura su un brano dal sapore classico.
Il pathos si modera un po’ con The Last Train, che segue linee più scure ma finisce comunque in crescendo. Con Legend l’approccio è piuttosto giocoso, ma anche più attuale a livello sonoro e internazionale per scelte e arrangiamento.
La tradizione del songwriting americano confluisce in Rare, gestita con sicurezza. Si torna a temi più drammatici con Loneliness, cesellata costeggiando il soul, che pur avendo una portata piuttosto intima si apre a ventaglio mettendo al centro i sentimenti.
Filtrata e con alti livelli di impatto, ecco poi Baby Shine, di nuovo su sonorità black. Pianoforte e malinconia le direttrici base di Love Song, tra le più morbide dell’album.
Al contrario Rememberin’ me si configura come la più sperimentale del disco, con una partenza gutturale, inserimenti di suoni a sorpresa e un lavoro molto fitto della chitarra. La canzone è completata da una sorta di seconda parte, Inside rememberin’ me, un quasi strumentale che riprende i temi del primo brano, con la voce di mariaFausta impegnata in gorgheggi blues.
The First Day riporta le influenze internazionali in primo piano. La chiusura è notturna, con In The Room che apre su termini estremamente contenuti, lasciando lo spazio opportuno alla voce.
Magari i volti di mariaFausta non saranno un milione, ma ciò che emerge con chiarezza è che la sua voce forte ed espressiva si adatta bene a contesti differenti, senza per questo perdere in termini di omogeneità.