Di Chiara Orsetti
Quello che la musica può fare è potenzialmente infinito. Lo sa bene chi ha avuto il piacere di assistere a una delle serate più succulente di Goa Boa Festival 2019, quella che ha avuto come protagonista indiscusso Max Gazzè. Sicuramente non un artista di primo pelo come la lineup di quest’anno ha voluto, ma decisamente la classe non ha età e non si discute. Prima di entrare nel vivo del racconto della performance del musicista romano, ci sono molti artisti di cui parlare.
Sul second stage sono i Terso ad aprire le danze: gruppo synthpop bolognese, propongono il loro sound internazionale e testi in italiano per far compagnia a chi ha deciso di far iniziare la serata dall’ora dell’aperitivo. Subito dopo di loro arrivano i Fanoya, questa volta sul palco principale: freschi di pubblicazione del loro primo album “Generazione sushi” (è uscito proprio ieri), hanno avuto modo di farsi conoscere dal pubblico già presente per guadagnare i posti vicini alle transenne.
Eugenia Post Meridiem attira immediatamente l’attenzione appena salita sul palco: ciclisti rosa fluo, visiera in plastica, boccoli biondi e viso angelico, la cantante del gruppo genovese sa essere ipnotica anche in silenzio, figuriamoci quando inizia a cantare. La loro musica è farcita di influenze anglosassoni, e si colloca nel panorama indie e folk con estrema grazia.
La stessa grazia si ritrova sul palco opposto, con la dolcezza e la grinta di Han: biondissima anche lei, definisce la sua musica dark pop. Anche in questo caso si respira un’aria internazionale, nonostante sia italianissima. Dopo le quote rosa, ecco arrivare una band interamente maschile sul mainstage: direttamente dalle playlist indie di Spotify sbarcano a Goa Boa i rovere. Il titolo del loro album è disponibile anche in mogano e il primo singolo estratto è tadb, memorabile per la frase cult “siamo sulla stessa barca in un mare di gin tonic”, che basta da sola a far amare (di bene) questi ragazzi dal viso pulito. Suonano anche bene, si muovono con sicurezza, e hanno già una base solida di consenso, con tanto di magliette dedicate.
Ci si sposta ancora, stavolta per andare ad ascoltare sull’altro palco Dellacasa Maldive. Ed è subito anni ‘80. Anche qui ci sono fan fedelissimi che apprezzano l’esibizione dei “loro” artisti, godibilissima per il sound a cavallo tra il funk e l’underground, ma sicuramente lontano anni luce da tutto ciò che è mainstream. E potrebbe anche essere un punto a favore.
Abbandonate le nuove proposte, se così possono essere definite le personalità viste fino a questo punto, ecco arrivare sul palco Dimartino. Cantautore di una volta nel corpo di un giovane d’oggi, la sua presenza scenica è rassicurante e totalizzante nonostante l’estremo minimalismo: nessuna sovrastruttura se non le luci di palco, un look estremamente semplice, a far risaltare ancora di più la potenza delle parole e della musica.
Il punto di forza di questo artista è senza dubbio la capacità di suscitare emozioni, di regalare momenti di riflessione accompagnati da suoni coinvolgenti e per nulla scontati. Sul palco di Goa Boa ha presentato i suoi brani più noti, da Cuore Intero a Giorni Buoni, da La luna e il Bingo a Pesce d’Aprile, che hanno fatto cantare, ballare, e segnare il nome sugli ascolti da non perdere per chi ancora non aveva mai sentito parlare di lui.
La performance di Emanuelle viene messa in coda per problemi di tempi, visto che sono quasi le 23 e Max Gazzè non può più far attendere la piazza dell’Arena del Mare. Si presenta con la solita espressione da musicista bonario e concreto, con il suo basso a completarne la figura. Anche in questo caso non occorrerebbero troppi artifici, vista la magnificenza dello spettacolo creato dalla band sul palco.
La voce di Max non incontra mai ostacoli, scorre calda nelle vene come una medicina e scioglie i nodi che incontra arrivando dritta al cuore. E se i primi brani proposti sono stati i più lenti della serata (L’origine del mondo e Quel che fa paura) subito dopo arriva Annina e il suo STAIZITTA supplichevole che accende definitivamente l’entusiasmo. Ecco così una carrellata di successi proposti uno via l’altro, alcuni resi davvero indimenticabili dall’abilità di tutti i musicisti e dello stesso Gazzè, bassista nell’anima.
Vento d’estate, Mentre dormi, Il solito sesso, Teresa sono solo alcuni dei titoli dei brani proposti nella prima parte di spettacolo, anche se memorabile è senza dubbio Cara Valentina. La sua chiusa “non è vero che poi mi dilungo spesso su un solo argomento” è stata il tormentone di ogni pausa tra un pezzo e l’altro, tanto da spingere Max e i suoi a riproporre questo verso anche in chiusura di concerto.
L’amore non esiste, il brano scritto insieme ai compari Silvestri e Fabi, è stato eseguito dal solo Gazzé con una delicatezza commovente, e in molti tra il pubblico hanno accennato lacrimucce e pelle d’oca. Si è anche ballato e cantato a squarciagola con La vita com’è, Ti sembra normale e La favola di Adamo ed Eva, fino al grande, grandissimo finale sulle note di Una musica può fare. Trova spazio anche una versione corale e divertita di Posso, idealmente dedicata all’occasionale compagno di strada Carl Brave che ha calcato questo palco giusto ieri. Un’esibizione da pelle d’oca, un artista a 360 gradi, da rivedere ancora e ancora. C’è poco da fare. Le mode vanno e vengono. La musica sa restare, spesso per salvarti sull’orlo del precipizio.