64018 è il nuovo album dei Metanoia: sei fotografie, ognuna delle quali racconta un frammento preciso di vita. Da un tradimento subìto si passa alla voglia d’estate, si aspetta l’alba con la speranza di un giorno migliore e ci si interroga sul valore del tempo. Intervistiamo la band in occasione dell’uscita del nuovo lavoro discografico.
Chi sono i Metanoia nella vita di tutti i giorni?
Siamo quattro ragazzi, molto diversi tra loro. Proprio questa diversità porta spesso a belle discussioni, ma essendo amici copriamo tutto con quattro risate e due bicchieri. Ci occupiamo di cose differenti e infatti è un continuo apprendere dall’altro, proprio questo ci fa calare nei panni altrui diverse volte.
Come vi siete avvicinati alla musica e quando siete nati come band?
Singolarmente ognuno ha la propria storia, come band circa tre anni fa, su quelli che erano i vecchi Metanoia, ovvero amici senza obiettivi, che suonavano solo per divertimento, invece ora è diverso. Abbiamo in mente cosa vogliamo fare e come vogliamo farlo.
Metanoia, da dove arriva questo nome d’arte?
Da un libro di cui non sappiamo il nome, il protagonista cadeva in una metanoia e andammo a controllare. In sostanza è quando si cambia modo di vedere qualcosa, insomma una roba positiva dentro cui ci abbiamo visto speranza e a 18 anni la speranza ti serve come aria. Da allora è rimasto.
Quali sono state le esperienze che vi hanno maggiormente formato?
Le ore passate in studio a fare canzoni brutte, perché le prime erano tremende, abbiamo capito cosa non fare. Poi entrare in studio con persone addette ai lavori, quindi avere una mentalità meno da cazzeggio. Sicuramente aprire concerti di gente come Cisco e Meganoidi, quelle robe ci hanno fatto capire quanto la musica sia un lavoro che faccia divertire, ma sempre un lavoro.
Come nasce solitamente un brano dei Metanoia?
Da esperienze vissute, ricordi. Ogni canzone è un’esigenza comunicativa, una ricerca continua di dire cose che altrimenti taccerebbero nel fondo di noi stessi. Musica o testo prima? Non è importante, quello che conta è l’anima.
Com’è nato 64018? Era un disco a cui pensavate da molto o è nato per caso?
Da quando abbiamo suonato Mezzanotte per la prima volta abbiamo capito che stava nascendo qualcosa e da lì ce ne siamo presi cura e le altre canzoni hanno preso forma in maniera autonoma, unirle in un disco è stato super naturale.
C’è un filo conduttore che unisce le canzoni tra loro?
La verità, le canzoni di questo disco parlano di robe vissute, non c’è niente di inventato. Può sembrare strano ma abbiamo voluto dar voce alle nostre voci, nella speranza che tanti ci si possano ritrovare e tirare un sospiro di sollievo.
Sei brani scritti in quanto tempo?
Più di un anno e mezzo, gli abbiamo voluto dare il giusto tempo, più di un bambino. Chi ci conosce sa che siamo maniaci per la musica, le parole e tutto quello che ci gira intorno. Volevamo una cosa curata e così è stato.
Prossimi impegni?
Per questo rimandiamo alle nostre pagine, ci trovate come storiedimetanoia.