Torna il progetto di Metcalfa, alter ego musicale del batterista e compositore Metello Bonanno, con un nuovo album disponibile su tutte le piattaforme digitali. Un nuovo e importante capitolo che si aggiunge all’autobiografia musicale di Metello: un disco che fugge dalle etichette di genere e si stratifica di influenze, si immerge nell’elettronica, nel jazz e nelle potenzialità dello strumento della batteria.
Il tutto parte dal termine lagom, questo il titolo del disco, una parola svedese che significa “quanto basta”, così racconta Metcalfa:
Negli anni il seme di questa parola è rimasto dentro di me e ha fatto crescere l’idea di questo disco. La giusta commistione tra jazz ed elettronica, la giusta dose di ritmo e melodia, un equilibrio armonico. Questo album vuole essere come certo di essere io ogni giorno: calmo dentro, forte fuori
Metcalfa traccia per traccia
L’apertura del disco è affidata a tunnel vision (focus), un brano fluido e dalle molte forme, che si sviluppa su poco più di due minuti ma sembra sottintendere mondi interi.
C’è il sax e un’atmosfera morbida e variegata all’interno di wavebird (lagom), che si estende con calma e abbracciando sensazioni che si avvicinano all’r&b, con i bassi in evidenza.
Il pianoforte introduce alla voce di Johanna Noa, che regala molti colori diversi a pristine (carry me), altro brano di grande fluidità vicino ai modi del soul.
Il flauto e il drumming si prendono cura di somersault (hibiki), movimentata ma sempre piuttosto gentile, con un sottobosco sonoro particolarmente affollato.
I falsetti di southpaw (scars) offrono opzioni più malinconiche e dai colori più scuri. C’è Jathson a dialogare su easy days (holy ground), notturna e liquida, con profili d’intimità lungo i quali si lavora con attenzione.
Il pianoforte si impossessa di poetic space (one year after), rendendola una narrazione coerente anche se composta di momenti emotivi diversi. A seguire i movimenti coordinati di daruma (hope), intermezzo breve ma significativo. Si chiude con le voci robotiche e l’autotune di Shenandoah, canto ricco di suggestione e di atmosfere dolci.
A parte una copertina un tantino improbabile, il lavoro di Metcalfa è elegante, suona profondo, abbraccia e coinvolge. Un disco costruito con cura e molto ispirato, in grado di convincere a diversi livelli.