Muto, “Independent”: la recensione

mutoEsce venerdì 17 febbraio Independent, il primo disco di Muto, progetto elettronico milanese, per la Prismopaco Records. Il disco è stato anticipato il 16 dicembre con un singolo contenente due versioni della traccia Aria e una cover di Crystalised dei The xx. Muto si muove su scenari electro, con influenze dubstep, techno e drum’n’bass, ci sono echi dei Moderat e della scena mitteleuropea, ma anche di una certa elettronica inglese alla Andy Stott.

Muto traccia per traccia

Awake inside apre il disco consegnando l’ascoltatore ad ambienti tecnologici in cui si annidano voci e suoni piuttosto controllati, che conferiscono un certo senso di maestosità all’architettura del pezzo. La title track Independent scegli un approccio più vicino al terreno, anche se le aspirazioni verso l’alto non mancano. Il finale del pezzo scivola su ghiaccio sottile e si fa particolarmente vivace e colorato.

Winternet ha ritmi leggermente allentati, ma costruisce su echi sfuggenti, come alla ricerca di un equilibrio sempre precario. Fantasmi dal passo pesante entrano nella seconda parte del brano, che si dipana su movimenti electro ben distinti. Loser, giocoforza, ha un approccio pessimista, con momenti cupi non troppo sfumati.

La già citata Aria si presenta qui in una versione ricca di cambi di ritmo e di passaggi in aderenza, con un’alternanza tra vicino e lontano che conferisce tridimensionalità al pezzo. Dopo la sfuggente You Know è il turno di Apocalypse, che marca il territorio con ritmi cadenzati e un mood inquieto. Si chiude con il bollore incipiente di Induction, che inserisce qualche indizio di world music in un panorama acido e molto tirato.

Buon lavoro dei Muto, che nelle otto tracce condensano un viaggio electro senza molte nostalgie, con buona consistenza e idee piuttosto visionarie.

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