Testo e foto di Chiara Orsetti

I Negrita non invecchiano mai. Saranno i sogni, i viaggi verso sud, il Jack Daniel’s nella birra o semplicemente il rock’n’roll. Che detta così, ci sono buone speranze anche per chi scrive. Ma comunque i Negrita non invecchiano mai sul serio: due ore e mezzo di spettacolo, cantato, ballato, posseduto suonato, soprattutto suonato. Perché alla fine in un live quello che conta sono le emozioni; ma se le accompagnano dei musicisti che quelle emozioni le hanno non solo nel cuore, ma anche sulla punta delle dita, tutto riesce magicamente a trasportarti altrove. Ma andiamo con ordine. È la prima data del Goa Boa Festival di Genova, la preview prima dell’inizio vero e proprio con Motta il prossimo 20 luglio.

Sul palco, prima dell’ingresso di Pau e dei suoi, arriva il torinese Kiol, classe 1997 e classe da vendere nonostante l’età. Ha vissuto in Irlanda, ne ha assunto le sonorità e ha iniziato a pubblicare la sua musica su Deezer. Poco dopo inizia collaborare con il produttore di Paolo Nutini, Dani Castelar, e da allora non si è più fermato. Il pubblico, già numeroso e ben saldo davanti alle transenne, apprezza e si muove insieme alle chitarre di Alessandro Bossi, dal sorriso pulito e dal cuore lanciato decisamente oltre l’ostacolo e lasciato in balia della sua musica, in bilico tra il pop pensato e il rock morbido.

negrita @ goa boa festival
Negrita @ Goa Boa Festival 2018

Cambio palco, qualche chiacchiera con i temerari da transenna, alcuni davanti al palco dalle quattro del pomeriggio, maglietta “Pandemonio” (il fan club della band aretina) bene in vista, che si fanno scattare foto ricordo fregandosene dei capelli spettinati e del viso accaldato, che la musica non sta tanto a guardare se la piega tiene, piuttosto se ti reggono le gambe.

Salgono sul palco Pau, Drigo, Mac e i più recenti acquisti Giacomo Rossetti, Guglielmo Ridolfo Gagliano e Cristiano Dalla Pellegrina, ed è subito adrenalina e sudore. Siamo ancora qua, Adios Paranoia e No problem sono le prime tre canzoni, tratte da Desert Yacht Club, l’ultimo album in studio del gruppo. Pau non toglie gli occhiali da sole per tutto il concerto, nonostante il caldo, il fumo, le luci. Non si vede la sua espressione, ma là sotto lo sguardo è di sfida, lo sa chi, presente tra la folla, lo segue dal 1991, e lo sanno anche i nuovi fan, quelli più giovani, mescolati insieme in una notte di luglio che deve essere una preview del festival che va a cominciare, ma che sembra piuttosto la consacrazione.

negrita @ goa boa festival
Negrita @ Goa Boa Festival 2018

E la conferma ce la regalano subito dopo, con Non ci guarderemo indietro mai, uno dei brani icona, che fa riposare le gambe ma incomincia a far frullare gli animi. E sarà così per tutta la durata del concerto, un dondolarsi tra il rock più marcato, che vede protagonisti brani che hanno fatto la storia della band come Fuori controllo, TransalcolicoIl libro in una mano la bomba nell’altra e le atmosfere intime e devastanti di Ho imparato a sognare, E sia splendido e anche un po’ di Magnolia, quest’ultima eseguita dal solo Pau sul palco insieme alla sua chitarra, riportando la mente all’adolescenza, accompagnata dai suoi doppi sensi. Salto nel tempo, di stampo diverso, anche con Non torneranno più, uno dei nuovi pezzi che è in grado di far venire la pelle d’oca anche a chi di solito non presta orecchio alle emozioni.

Intorno ballano tutti, cellulari alzati per filmare, scattare, instagrammare, inviare al fidanzato lontano o all’amica del cuore i ritornelli che danno voce alle storie tatuate in fondo all’anima. Ma è sul finire che i Negrita danno il meglio di sé: grondano sudore, il pubblico con loro, ma A modo mio è uno dei momenti che chi era tra le fila di questo concerto non dimenticherà.

Negrita @ Goa Boa Festival 2018
Negrita @ Goa Boa Festival 2018

Consueta pausa, uscita di scena rapida, bambini che chiedono quanto manca alla fine e sigarette accese come quando si aspetta l’autobus, con la convinzione che impegnando così l’ultima Marlboro il tempo passi più velocemente. Rieccoli salire, Drigo con la sua, di Marlboro, fumata con la solita faccia da schiaffi che ha fatto perdere la testa a molte di noi, e che ha capito come continuare a farlo anche sulla soglia dei 50.

Ed è proprio Scritto sulla pelle che apre il finale, sempre cara per la potenza con cui sa far fare pace con i propri lividi (Sono ferite che non nascondo/ Storie di andate senza ritorno / Dicono tutto quello che sei / Quello che sei), seguita da una intramontabile Bambole, traccia più consumata dell’album 1992, uno dei preferiti di sempre di chi conosce bene questi teppisti. Seguono Mama Maè, ultima vera botta adrenalinica prima del finale, che fa consumare le ultime gocce di sudore rimaste e avvia verso il finale di Gioia Infinita, chiusura rituale con annesso augurio di felicità a tutti i presenti. Che se ne vanno col sorriso, le gambe stanche, il cuore a mille.

Le luci si accendono, qualche foto dal palco alla folla, dalle casse Rino Gaetano a palla canta Gianna e loro cantano con lui. Il pubblico è felice e sfinito. Un’altra Marlboro ci sta, come dopo aver fatto l’amore, che la musica è sempre un bel godere.

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