Dieci anni (di attività) e undici tracce nuove per i Palkosceniko al Neon, la cui attività negli ultimi anni è stata rallentata da qualche inconveniente di percorso, ma che sono tornati con Radice di due. Ci siamo fatti presentare il disco in questa intervista, e più in basso la recensione.
Avete alle spalle dieci anni di esperienza, ma “Radice di due” arriva cinque anni dopo “Lucas”: volete raccontare che cosa è successo nel frattempo?
Ci sono stati molti cambi di line up. Arrivi, partenze e ritorni. La cosa ci ha fatto abbassare di molto la nostra media produttiva che fino a “Lucas” è stata più o meno di un disco ogni due anni scarsi.
Quali sono gli istinti di base che hanno ispirato “Radice di due”? Perché questo titolo?
“Radice di due” è un disco che parla della famiglia. In ogni traccia c’è una sfaccettatura dell’argomento. Per esempio su “Omicidio” si parla di matricidio. Su “Otto Ore” di lavoro in famiglia. Eccetera. La Radice di due come formula matematica ci piaceva perché ha una componente irrazionale. Quindi mi aveva intrigato subito il contrasto tra la parola “radice”, quindi forte, eterna e la formula matematica, irrazionale, infinita. Ecco secondo me i legami familiari comprendono tutte e due le componenti.
Come nasce “Un passo falso”?
“Un Passo Falso” parla dell’elaborazione di un lutto. Qualcuno ci vede anche una sfumature mistica, ma la cosa è dovuta al fatto stesso della ricerca di un qualcuno ormai perso. L’assenza che genera poesia. In questo caso la perdita di un mio grande amico, Davide Caroccia dei Dorothy, che ci ha lasciato in maniera del tutto inaspettata, poco più di un anno fa.
Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?
Nessun problema. Non usiamo nient’altro che i nostri strumenti e ampli. E questo pure sul disco, in modo da riproporre dal vivo lo stesso impatto. Questa semplicità è voluta.
Potete descrivere i vostri concerti? Quali saranno le prossime date che vi vedranno coinvolti?
Mi hanno fatto notare ultimamente, precisamente dopo il live al B-Folk, che ai nostri live non c’è una linea demarcata tra band e pubblico. Ci piace suonare in mezzo alla gente, oltrepassando ulteriormente qualsiasi barriera. I prossimi appuntamenti sono: 8 dicembre al 30Formiche a Roma, il 9 a Porcelli Tavern ad Amelia e il 20 gennaio al Defrag, sempre Roma.
Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?
Al momento io sto ascoltando esclusivamente underground italiano e pure abbastanza estremo. Laquiete, Bachi da Pietra, Marnero, Raein, Bologna Violenta eccetera… Ma a dire il vero ascolto volentieri anche i cd dei gruppi con cui condividiamo il palco. Sia che siano amici sia che non lo siano.
Potete indicare tre brani, italiani o stranieri, che vi hanno influenzato particolarmente?
Meglio di uno specchio dei Massimo Volume.
Ofelia dei Bachi da Pietra.
La fine non è la fine dei Laquiete.
Palkosceniko al Neon traccia per traccia
Si parte con Re Nudo e si capisce come l’energia e la rabbia della band non sia affatto andata smarrita nel corso del tempo. Cantato/urlato e chitarre in grande evidenza si incontrano anche in Tempi Moderni, che segue a un ritmo leggermente inferiore ma mantenendo ben presenti le caratteristiche hardcore.
L’approccio è più esplicitamente punk con Mangia insieme a noi, digressione a carattere culinario, comunitario e chitarristico. Quello che non voglio alza il livello dello scontro per descrivere i rapporti famigliari difficili di cui la band fa cenno anche nel corso dell’intervista qui sopra.
Ingresso quasi sognante per Radice di due, la title track, che però subito riprende a picchiare forte e a fornire torrenti di parole, sorrette da un drumming molto potente. La paura in tasca corre molto forte ma senza togliere spazio alle tessiture di chitarra: qui e là la band ricorda gruppi storici dell’hardcore italiano, su tutti i Ritmo Tribale d’antan.
Dillinger, con riferimento all’omonimo gangster della Chicago anni Trenta, si materializza con un altro concentrato di violenza sonora, con una linea di basso elettrico piuttosto viva. Otto ore parla di raccolti, di lavoro e di sfruttamento, erigendo un muro di chitarre molto spesso e consistente.
Un passo falso è la canzone dedicata alla scomparsa di Davide Caroccia, con la partecipazione di Diego Pandiscia degli Underdog: l’elaborazione del lutto è, anche in questo caso, affidata a suoni robusti di chitarra, a un drumming insistente e a un umore non molto più nero del solito (ma del resto il disco non brilla per allegria, ovviamente).
Omicidio consuma le proprie strofe su un percorso elettrico molto vivido e potente. Si chiude con un altro featuring, quello di Daniele Coccia de Il Muro del Canto, su Sorella Minore, improvvisa ballad a carattere western, tra cori e cieli pieni di semafori.
Nel loro oscillare tra situazioni punk e sonorità metal (con qualche inserto rap), i Palkosceniko al Neon dimostrano di non aver dimenticato come inserire contenuti pregnanti nei testi e nelle loro canzoni. La band concentra la propria energia in un nuovo disco che mette a frutto le esperienze maturate negli ultimi anni e che frusta l’ascoltatore come si conviene al genere.
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