Peak: Rock Never Dies

Progetto musicale che ha origini a Torino nel settembre 2015 e formato da quattro musicisti provenienti da panorami musicali completamente diversi, dal jazz fino al meta, Peak nasce con l’intento di mescolare e sperimentare le proprie attitudini e influenze musicali per creare un qualcosa di nuovo e originale. La band ha alle proprie spalle un buon repertorio di live sul suolo piemontese. Dopo la conclusione dei lavori sul loro primo album dal titolo Into your veins abbiamo intervistato la band.
Ci parlate del vostro progetto musicale?
La band nasce nell’autunno 2015 inizialmente composta da tre membri: Simone, Emanuel e Roberto, a cui poco dopo si aggiunse Inri come secondo chitarrista per affinare gli arrangiamenti e potenziare il sound. Il progetto nasce come sperimentazione su vari stili musicali, a partire dal rock classico e fusion ad arrivare all’alternative con sfumature di grunge e metal. Ci trovammo subito bene su questa sperimentazione in quanto ognuno di noi aveva affinità con diversi panorami musicali. L’esperimento funzionò già dalle prime prove in quanto ognuno di noi caratterizzava gli arrangiamenti dei brani con il proprio stile e influenze musicali.
Avete suonato spesso sul territorio piemontese. Suonate anche in altre parti d’Italia?
Abbiamo fatto date molto intense e divertenti in locali torinesi molto in voga: Hiroshima, Audiodrome, Manhattan e altri… Per il momento non abbiamo avuto ancora possibilità di suonare in altre regioni ma ovviamente speriamo di farlo il più presto possibile.
E invece che riscontro avete sul web riguardo la vostra attività musicale?
Finora il riscontro è stato entusiasmante ma per farsi conoscere davvero il vero riscontro bisogna averlo ai concerti… Siamo rimasti piacevolmente colpiti dalla risposta del pubblico nei nostri live, nonostante i nostri brani siano inediti e totalmente sconosciuti per ora… Il pubblico ha apprezzato molto le nostre performance. E anche i gruppi con cui abbiamo condiviso i nostri palchi.
Com’è nato Into your veins? Potete dirci qualcosa riguardo le sue sonorità?
Into your veins è stato il primo brano che abbiamo completato, da lì probabilmente è nata inconsciamente la natura cupa dei nostri brani e di proseguire su quella strada. Per quanto riguarda le sonorità generali direi che ognuno di noi ci ha messo del suo in base ai suoi gusti musicali personali senza partire da una band di riferimento precisa. Questo è stato secondo noi un bene. Si sentono fin troppe band anche tecnicamente molto brave ispirarsi palesemente ad artisti già affermati sul mercato e come risultato inevitabile una copia malfatta di gruppi professionisti, noi abbiamo cercato di evitare questo.
Com’è stato registrare questo disco?
Il disco è stato interamente registrato, mixato e prodotto da noi. Nonostante i limiti di budget e attrezzature limitatissime secondo noi il risultato è buono. Per la maggior parte delle registrazioni dei singoli strumenti ci siamo imposti di fare take unici delle parti, per quanto era possibile, o comunque fare take lunghi e naturali proprio per preservare la naturalità del nostro sound e proporlo in modo più onesto possibile.
Il lato positivo di essere produttori di noi stessi è che non abbiamo avuto nessuno che ci corresse dietro per registrare i pezzi in tot ore o tot giorni come si fa di solito quando ci si avvale di professionisti esterni ed è stato più gratificante decidere in modo indipendente in che direzione andare in termini di sound. Ma è stata comunque una faticaccia…
C’è un altro album in progetto per PEAK?
Stiamo lavorando su diversi brani, il prossimo album avrà sonorità diverse. Di base vorremmo fare un cammino sperimentale diverso su ogni album. Ci saranno sicuramente dei suoni elettronici nel prossimo album ma senza perdere il nostro stile, le chitarre sicuramente rimarranno droppate per mantenere groove e profondità. Previsto nel corso del 2017… molto probabilmente nel mese di settembre.
Per finire la parola a voi…
Il panorama musicale Italiano che ci viene mostrato dalle varie emittenti radio e televisive ci mostrano uno scenario davvero spiacevole e commercializzato all’inverosimile…i vari Talent show e produzioni su larga scala di musica commerciale banale deturpano e offendono i veri talenti nascosti nell’underground…ma non disperiamo perché nonostante tutto, qui nell’ombra, c’è un grande movimento e i musicisti talentuosi non mollano e avvalendosi di altre vie mediatiche si stanno facendo strada sempre più violentemente e determinante cercando di prendersi il posto che meritano nel mondo, usando solo le proprie forze.
Immancabilmente non possiamo che fare il tifo per tutti questi artisti che si sacrificano facendo 2 o 3 lavori contemporaneamente senza sosta ma trovano comunque il tempo da dedicare alla musica VERA e mantenendo la qualità delle loro opere di altissimo livello… e vi assicuriamo che sono tantissimi… Il sistema musicale italiano quasi ci obbliga a farci sentire quella merda ma non a farcela suonare… Rock never dies.