Esce per NØ FØRMAT! e BEATING DRUM Shapes of the Fall, settimo lavoro in studio del cantautore anglo-italiano Piers Faccini, un album che persegue la passione per i dialoghi interculturali che sono stati a lungo ascoltati sulle coste del Mediterraneo nel corso dei secoli, collegando l’Europa meridionale con il Vicino Oriente e l’Africa.
Nel corso dei suoi otto album in studio, compreso quello in duo con il violoncellista Vincent Segal, Songs of Time Lost, ha approfondito la ricerca costante del dialogo musicale con artisti del calibro di Ballake Sissoko, Ibrahim Maalouf e Jasser Haj Youssef.
Le influenze musicali in Shapes of the Fall attingono pesantemente all’ascendenza mediterranea di Faccini, ai modi e ai ritmi arabo-andalusi, sefarditi e dell’Italia meridionale. Iniziando dalla sua fascinazione per la taranta pugliese, l’ultimo esempio conosciuto di rituale e musica trance in Europa, l’album attraversa il Mediterraneo con canzoni che sono vascelli, accompagnato dai fratelli Malik e Karim Ziad, maestri strumentisti algerini, alla ricerca del dialogo con le tradizioni trance esistenti nel Maghreb e nella cultura berbera e Gnawa.
Una narrazione distopica del mito del diluvio è il tema di All Aboard, il nuovo singolo radio in cui compaiono gli unici due ospiti dell’album: il cantautore californiano Ben Harper, che ha collaborato con Faccini anche nell’album Tearing Sky del 2005 e il cantante marocchino e maestro della musica tradizionale Gnawa, Abdelkebir Merchane.
Il video che accompagna “All Aboard” è un’affascinante animazione realizzata dai Fantômes con la produzione de La Blogotheque. A proposito del video Faccini dichiara: “Ho scritto la musica di All Aboard con il mio amico Malik Ziad e mi ricordo che all’epoca, mentre stavamo suonando il riff strumentale, mi è venuta in mente questa frase da cantare come una specie di chiamata e risposta, ‘all aboard, all aboard’. Alla fine, il testo e la narrazione sono scaturiti da quelle due parole iniziali.
Per sviluppare la storia, ho immaginato un gruppo di sopravvissuti dopo un collasso ambientale che salgono a bordo di una barca di fortuna per navigare verso i poli, essendo i poli l’ultimo posto abbastanza fresco per vivere. Ho immaginato un’arca dei giorni nostri, con animali e piante, che trasportano semi e carichi preziosi per sopravvivere e iniziare una nuova vita. Ma ho anche scritto la canzone come una sorta di parodia, per evidenziare l’assurdità dell’inazione dell’umanità di fronte alla catastrofe imminente. Preferiamo lasciare che la nostra casa, il nostro pianeta e il nostro stesso paradiso brucino davanti a noi invece di salire a bordo di una nuova narrativa verde e a bordo di un modo per evitare questo scenario apocalittico.
Con un moderno approccio ecologico a Noè e all’arca, la narrazione e il testo hanno dato alla canzone un grande potenziale visivo. Ho sempre pensato che questa potesse essere una canzone emozionante da animare. Con La Blogotheque a guidare la produzione, Hugo e Rodolphe Jouxtel hanno fatto un ottimo lavoro e sono felice di essere riuscito a guidarli nell’interpretazione della storia. C’è un’atmosfera da cartone animato di fantascienza francese degli anni ’70 nella loro animazione che mi riporta alla mia infanzia con riferimenti ad artisti come Moebius, Enki Bilal o Philippe Druillet. I bellissimi e suggestivi paesaggi sono stati disegnati da Audrey Jouve.”
Piers Faccini traccia per traccia
Si parte piano, soprattutto sulle onde della voce in un quasi gospel come They Will Gather No Seed, che si fa corale e che raggiunge, con calma, vette di intensità molto alte.
Ecco poi Foghorn Calling, più movimentata e anche più capace di sgomitare, con ritmi incalzanti. Ma si entra per davvero nel deserto con la sottile e insinuante Dunya, altrettanto mossa e parzialmente danzante ma anche molto inquieta.
Together Forever Everywhere rientra nei ranghi del cantautorato di impronta americana e in un’intimità molto calda, la cui malinconia è accentuata dagli archi.
Eccola poi All Aboard, con la presenza prestigiosa di Ben Harper nonché di tutti gli animali dell’Arca, a difendersi in modo piuttosto colorato dal diluvio che arriva.
Si torna a ragionare di sottigliezze con Levante, uno sguardo a est contrassegnato da una pace soltanto relativa. Sa di filastrocca antica invece Lay Low to Lie, sempre in nome di una certa delicatezza.
Anche più moderati e malinconici i contorni entro i quali si muove The Longest Night, acustica e molto incentrata sulla chitarra.
Più mossa e dialettica Firefly, che danza piano ai bordi delle oasi, senza marcare troppo il territorio, almeno all’inizio. Poi la danza si fa serrata e tribale. Si torna alla dolcezza con la breve ma fresca Paradise Fell.
The Real Way Out fornisce una via d’uscita assecondata dai cori e di notevole morbidezza. Manca solo Epilogue, strumentale un po’ cinematografico di congedo.
Come d’abitudine, Piers Faccini si dimostra cantautore di grande sensibilità e attenzione ai dettagli e alla scelta delle sonorità. Canzoni ricche di sensazioni e di colori danzano in un ballo coordinato, all’interno di un disco molto pieno e ricco.
Genere musicale: songwriter
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