Pinguini Tattici Nucleari, “Fuori dall’Hype”: la recensione

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Esce oggi Fuori dall’Hype, nuovo album di Pinguini Tattici Nucleari. Tre dischi20 milioni di streaming e oltre 7 milioni di views su Youtube, la band di Bergamo porta in dote alla Sony Music, dove approda, un seguito che non è proprio tipico per una band di estrazione prettamente indie.

“Hype è una parola che da qualche anno è entrata nel linguaggio comune. Per un artista, generare hype significa creare ‘grande attesa per il proprio prodotto’.  L’Hype non si spiega, non ha regole: capita, o non capita. Molti artisti passano la vita a inseguire la chimera dell’Hype, corrono e si dimenano per essere i prescelti.

Spesso l’Hype si posa proprio su quegli altri artisti che stanno fermi, immobili, e non lo desiderano, come una farfalla. Vola dove la porta il vento, e poi se ne va di nuovo. Chi è fuori dall’Hype vive dove il vento non porta farfalle.”

Pinguini Tattici Nucleari traccia per traccia

Si parte con la title track Fuori dall’Hype, già nota in quanto singolo estratto, e tutto sommato è una partenza che non ti aspetti. Dove sono i Pinguini guasconi e giocosi? Sono lì nascosti nella morbidezza di una ballad che parla anche di morte, seppure con una certa leggerezza (e del resto parla anche di cose più problematiche, tipo l’Inter). Se poi sulla lapide si debba scrivere: “Belli i primi, poi venduto” è cosa che si vedrà poi. Soprattutto ascoltando questo disco.

Antartide parte altrettanto morbida, ma quella che emerge poi è una canzone ricca di pop e agile, con il ritornello e tutto e con frasi piuttosto catchy (“provano a rompere il ghiaccio con te/non sanno che tu sei l’Antartide”).

Ci sono radici folk e una certa baldanza in Lake Washington Boulevard, altra canzone che parla di morte. Ed è la morte di Kurt Cobain, nella fattispecie, narrata in modo piuttosto surreale (tra l’altro mi pareva che la moglie si chiamasse Courtney, non Chiara).

Corale e aperta anche Monopoli, che raduna qualche piccola nostalgia ma guarda anche al futuro, soprattutto a quello di una generazione senza futuro. L’incontro fra un tipo nato a Monopoli e una tipa nata a Shanghai è celebrato con assolo finale di chitarra.

NoNoNo si arriccia su un giro di chitarra iniziale, tra telefoni che non squillano, pugni in faccia e una frase particolarmente significativa come “la più grande libertà/è quella che ti tiene in catene”.

Si arriva così a Scatole, la canzone largamente più intima e personale del disco. Si parla del rapporto con il padre, dei sogni dell’infanzia, i toni si abbassano e si viaggia in acustico, per reincontrarsi e capire che non si è poi così diversi.

Un po’ più immersa nella narrativa pinguinesca classica ecco poi Sashimi, altro singolo fitto di groove e di giochi di parole, con rock e funk che si contendono la piazza (discretamente geniale il passaggio Erasmus/The Rasmus, ma si ringraziano anche Belushi e Kierkegaard per la partecipazione).

Danzereccia e un po’ più indie (in senso quasi Ex Otago) La banalità del mare, canzone di litigi e di schiaffi finti che accende il gas quasi all’improvviso.

“Si sopravvive a tutto ascoltando Lucio Dalla”: è tanto vero che sembra la frase più significativa di Verdura, cantato fitto e un tentativo di riemergere da una relazione evidentemente esplosiva. Ed effettivamente esplosa. Non difficile vederla nei momenti più intensi dei live, con tutto il pubblico che risponde alla domanda: “Che cosa siamo noi?”

Si chiude con Freddie, altro ritratto con buone dosi di chitarra e un ritmo cadenzato. Amore e cannibalismo duettano in un brano che va in alto e poi si riabbassa.

Hanno fatto le cose sul serio, i Pinguini Tattici Nucleari. Sarà l’ingresso in Sony, sarà l’uscita dall’hype, sarà che sono cresciuti, ma hanno messo da parte certi divertissement, anche se non del tutto, e hanno puntato tutto sulle canzoni “vere”.

E hanno fatto bene, perché questo è un disco che sta in piedi da solo, con pezzi sinceri e freschi benché “pensati”. La grande produzione ha limato alcuni eccessi ma senza togliere la vivacità al gruppo. Quindi “belli i primi, poi venduto” magari lo si scriverà più avanti, ma ancora no.

Genere: indie pop

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