L’artista torinese Protto è sempre stato difficile da inquadrare, la sua ricerca è nata unendo brani da pianista virtuoso a un’ironia dissacrante con calembour elaborati e originali. Ora il nuovo lavoro Primavera Atomica porta il progetto verso nuove sonorità ma soprattutto verso un mood più scuro e drammatico l’abbiamo contattato per farci raccontare qualcosa di più su questa nuova direzione.
Ciao Protto, come stai dopo aver rilasciato un lavoro così piccolo (solo 3 pezzi) ma intimo e potente?
Sono decisamente stanco! Nonostante il numero di pezzi il lavoro che io e il mio entourage abbiamo pubblicato è molto complesso, lega musica video e grafica in un senso artistico completo, e lo stavamo caldeggiando da prima della pandemia. Il lavoro sarebbe dovuto uscire già l’anno scorso, il primo giorno di primavera. Ma era da poco scoppiata la guerra in Ucraina e abbiamo trovato di cattivo gusto programmare un’uscita così ravvicinata.
Una Primavera atomica è un immagine fortissima, come l’hai elaborata?
Per gradi. Prima ho scritto Hiroshima, addirittura nel 2018, quando la rabbia e il dolore ancora non mi abbandonavano. Poi Nagasaki, con disincanto e quasi tenerezza, ma senza alcuna nostalgia. Troppo a nord, scritta in pandemia, parla della depressione che molti di noi hanno vissuto in quella stasi, quando ci raccontavamo la favola che saremmo tornati a uno status quo.
Allora ho pensato a quante volte ci troviamo disintegrati, a pezzi, i calcinacci e le macerie di noi stessi, e quanto dolorosa possa essere una ripartenza, una primavera.
Ma soprattutto dopo un “olocausto nucleare dei sentimenti può ancora crescere qualcosa? Può ancora crescere la vita?
Deve ricrescere, e anzi, ce lo si deve. Meritiamo sempre di poter ripartire, la fase della ricostruzione può essere delicata e faticosa, ma è nella nostra indole di essere umani continuare ad evolvere, mutando forma e prospettiva.
Qual è il collegamento con cui poeticamente le tue canzoni e a loro modo le città e i terribili avvenimenti che le hanno coinvolte “Hiroshima” e i “Nagasaki” si sono reincarnate?
La metafora è molto cruda, senza filtri, così come anche i video che sono stati girati. Hiroshima è la prima bomba, che quando esplode non lascia in piedi neanche un mattone. Parla della fine disastrosa di un amore tossico, con il forte doppio senso della parola “eroina”, che ti lascia dipendente per sempre, e resta nel tuo cervello anche dopo l’ultimo buco. Nagasaki, è la seconda, quella che nessuno avrebbe immaginato, che stronca al terzo giorno ogni speranza di ripartire e di ricostruire.
Allegoricamente abbiamo voluto mostrare le due facce di questa storia, il samurai “Hiroshima” e la geisha “Nagasaki. La rabbia e la dolcezza, risaldate con l’oro secondo l’antica arte del kintsugi in un nuovo oggetto, sintesi delle macerie del passato.
Dopo questo cambio di stile e temi così deciso cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi lavori? Ci sarà ancora spazio per l’ironia? Dobbiamo aspettarci altro dramma o altre novità?
Nessun solido sta in piedi su una faccia sola. Ironia e introspezione fanno entrambe parte della mia persona e collateralmente del mio progetto artistico. Tutti i lavori futuri, per rimanere aderenti alla mia concezione del mondo e alla mia poetica, saranno sempre tristi nell’ironia e/o ironici nella tristezza. Semplicemente di volta in volta valuterò quale delle due facce mostrare per prima, e quale lasciar intravedere soltanto.