Esistono dal 2011 ma la formazione attuale è molto più “fresca”, visto che risale al 2014: i romani Macchina del Fango propongono un mix di canzone d’autore e di sonorità ispirate alla prima new wave, condensate in un ep appena uscito, dal titolo L’uomo immaginario.
Macchina del fango traccia per traccia
Si parte dalla potente e sofferta Pater, guidata da un basso fluttuante, da una chitarra in evidenza e dalle tastiere. Il cantato, un po’ “carico”, si richiama al rock italiano anni Novanta, così come le atmosfere, comunque figlie di certe impressioni new wave. Il tema spiritual/religioso incupisce le pareti della canzone.
Arriva poi Il Terzo Stato, che indossa ancora gli abiti di un rock piuttosto robusto ma fluido, mentre per la Ballata degli insetti le luci si spengono almeno in parte, anche se la seconda parte della canzone si elettrifica in misura maggiore.
Atmosfere piuttosto vintage (quasi prog), sia per il ritmo consistente, sia per le sonorità, sia per qualche accenno di assolo, ne Il corvo e la nebbia, ballata con Hammond e citazioni da Poe. La title track, L’uomo immaginario, chiude il discorso su atmosfere piuttosto cupe ma anche in grado di cambiare in corso d’opera. La seconda parte del brano infatti inserisce un colpo di reni che spazza via le nubi della prima metà.
Con influenze dichiarate provenienti da Diaframma, Litfiba (si suppone soprattutto primo periodo), Joy Division e De André, Macchina del Fango sembra sapersi muovere anche in altre direzioni possibili, soprattutto in brani come Il corvo e la nebbia. Non sarebbe male “alleggerire” un po’ il cantato, sciogliere qualche nodo, ma la base è più che positiva.