I Malarditi sono una band/collettivo che nasce attorno al 2012 in area
palermitana. Un demo, alcuni concerti ed eccoli qui all’esordio, con Un po’ più in là.

Un po’ di folk, un po’ di canzone d’autore, un po’ di rock, molta personalità per Vincenzo Calabria (acustica e voce), Salvino Cusenza (voce), Giorgio Bovì (batteria), Daniele Cusenza (chitarra), Antonio Collerà (lap-steel) e Francesco Vitrano (basso). Nel settembre del 2014 i Malarditi firmano per Dcave records, e poi entrano al The Cave Studio di Catania e con la produzione di Daniele Grasso (già a lavoro con Afterhours, Cesare Basile, Diego Mancino, Greg Dulli, John Parish, NiggaRadio) realizzano questo esordio.

Malarditi traccia per traccia

C’è parecchio ritmo, oltre a discrete dosi di slide guitar, all’interno di A casa mia, che apre il disco su un passo decisamente spedito. Passo che non cala di ritmo e di intensità anche quando arriva il turno di Un po’ più in là, la title track,  in cui emerge anche un lavoro piuttosto alacre di basso.

Tempo di ballate poi con la terza traccia: Eroi rallenta di colpo e si affida a echi ed effetti per far risuonare meglio le sonorità del brano. Passo di marcia invece per La ballata del tempo perso, che tra cori e cambi di ritmo prova a far emergere qualche influenza folk.

L’incipit di Quasi ridicolo è affidato alla chitarra, in vena di prodezze, e a un’ambientazione da far west. Dimmi se mi vedi ancora qui prova a impostare un discorso piuttosto veemente e sostanzioso, mescolando un rock con tratti d’aggressività con modalità più pop. Ci si muove sott’acqua con Lunedì, dove suoni e rumori sono attutiti e l’ambiente molto ovattato.

Lo scenario cambia del tutto con Tutto va bene così, forse il pezzo più aggressivo e acido e incazzato del disco, con un che di Daniele Silvestri e larghe dosi di astio espresse più o meno da tutti gli strumenti. La carica non si smarrisce in Mia, che modera un po’ l’acidità del pezzo precedente ma procede con una certa decisione, molta chitarra, qualche effetto.

Si chiude con Televisione, che attraverso un sound piuttosto robusto fa passare un messaggio abbastanza chiaro e non molto gentile per i teleschermi di qualsivoglia estrazione: “Se guardi non pensi più”.

Suona bene il disco dei Malarditi, anche perché quasi tutte le scelte all’interno del disco sono azzeccate. L’ispirazione sembra robusta, la determinazione anche, e l’aiuto alla produzione di Daniele Grasso certo non danneggia la coerenza del disco.

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