I Marijuanal sono una band che si è formata nel primo semestre 2013 e che suona un mix di punk, hardcore, metal, alternative, indie rock, j-rock.
Se non bastasse a capire il messaggio espresso dal nome della band, l’album di debutto si chiama Stoned Punk, ed è stato mixato e masterizzato a New York da Bob Davodian ( tra i suoi lavori Randall Flag, Divine Rapture).
Marijuanal traccia per traccia
Si parte da 1984, titolo orwelliano (ma anche vanhaleniano), che importa subito tutti i valori di un punk molto veloce e consistente. Qualche stranezza in più in No Pussies in the Skatepark, che alle idee punk unisce la voglia di far breccia nella cultura giovanile (e mentre scrivo “cultura giovanile” mi sento circa 200 anni in più).
Alone cerca di spostare l’attenzione altrove con qualche accordo di pianoforte iniziale, ma è una presa in giro: il tono ritorna scanzonato e le sonorità punk-hardcore fin da subito.
Al contrario Blood (Nukezone) abbassa il ritmo a livelli metal/stoner, piazza qualche coro, si irrobustisce un po’. Si torna a correre subito con Brothers, e si corre parecchio: l’atteggiamento rimane aggressivo, ma il punk ispiratore in questo caso è quello americano, tirato ma scanzonato.
Strung Out propone modi di fare differenti, con un drumming meno ossessivo e anche qualche brano di recitato sul finale. La chitarra invece detta legge nell’introduzione di Pain (Mope), almeno finché la batteria non decide di impazzire. Il brano è curioso e sorprendente e prevede anche un intermezzo morbido di chitarra acustica.
Blotter gira piuttosto al largo dalle sonorità più estreme, anzi si avvicina di più a un indie/alternative oscuro e intenso. A chiusura del disco Double Drop, che ad alcune sonorità dei già citati Van Halen può far pensare, benché con velocità più alte e un approccio più diretto.
Ci sono imprecisioni e sbavature, e anche un po’ di voglia di strafare qui e là. Ma non bisogna sottovalutare la forza dei Marijuanal, che se riusciranno a mantenersi sul percorso potrebbero regalare qualche buona sorpresa.