Parlare di “esordio” alla soglia dei 50 anni potrebbe sembrare fuori luogo, ma l’importante non dovrebbe essere l’anagrafe, bensì lo spirito che si mette in ciò che si fa. Maurizio Parisi, a.k.a. Red Morris, è un chitarrista che ha iniziato a suonare fin da bambino, che ha attraversato cover band e collaborazioni di vario tipo.
E che ora è arrivato all’esordio, o almeno a un esordio a proprio nome: insieme ad alcuni collaboratori, come Claudio Amadori (batteria), Beppe Premi (tastiere) e Renato Mombelli (basso) ha firmato un disco strumentale dal titolo Lady Rose, romanticamente dedicato alla moglie.
Red Morris traccia per traccia
Golden Angel, la traccia di apertura, si incammina subito sulle tracce dell’hard progressive di moda qualche anno fa, tastiere sognanti e chitarre ruggenti e tutto. Non sarà però questa l’unica radice dell’albero dei Red Morris.
Già con Lady Rose, la title track, ci si sposta in un territorio leggermente diverso, benché le premesse rimangano simili; ma la chitarra assume un tono un po’ più “santaniano” e le ritmiche si differenziano. Piccolo slittamento anche all’interno di Mystery, che dopo una prima parte che scivola tra cambi di ritmo e schitarrate, passa all’oscuro e chiude su note apertamente jazz.
A seguire arrivano gli accordi morbidi di Independence, presto doppiati da sonorità più aggressive.
Black’s Eyes, incastrata su un riff di chitarra, lascia un certo spazio a tastiere e drumming. Parte su toni epici Celtica (si spera senza riferimenti politici di sorta), con la chitarra che distende le proprie sonorità su spazi sconfinati, prima che le ritmiche diano il via a un dialogo fitto e ricco di mescolanze, che peraltro di celtico non hanno tantissimo.
Tutt’altre idee quelle di My Life Blues (Go Go), che tiene perfettamente fede al proprio titolo con larghissime dosi di divertito blues elettrico. Le influenze della chitarra di Santana tornano a farsi sentire, e in modo molto marcato, con My Sea’s Echoes, la traccia finale.
In qualche tratto il disco può suonare un po’ anacronistico, visto che non si incammina né sulle tracce del math rock più vicino al contemporaneo, né si fa tentare da discorsi post rock. Ma se si riesce ad ascoltare l’essenza del disco slegandola un po’ dal periodo di appartenenza, si riconosceranno abilità e professionalità di alto livello.