Originari di Avellino, gli Slaves of Love and Bones avevano esordito un paio d’anni fa con l’autoprodotto Liars. Oggi fanno ritorno con un Ep da sette pezzi ricco di elettronica e fermento, dal titolo Real Fake Music.

Slaves of Love and Bones traccia per traccia

La prima traccia, Everyday, cover nientemeno che di Buddy Holly, presenta una struttura pop opportunamente affogata in soluzioni elettriche ed elettroniche piuttosto dense. La chitarra prende possesso di larghi tratti del brano, con un ritmo intenso e incalzante che non rallenta mai.

A seguire le risposte di Answers, che vira verso lidi oscuri e anche un po’ sporchi, con un background sonoro a molti strati. Qualche accenno di pianoforte contrasta con ritmi di drum macchine molto artificiali.

Il pianoforte torna a farsi sentire anche nelle note introduttive di Show, accompagnato da sonorità di natura diversa e curiosa: qui e là si sconfina quasi nell’ambient, piuttosto lontano dalle originarie ispirazioni new wave e gothic.

Si torna a situazioni e sensazioni molto stratificate con A Final Solution, in cui elettronica ed elettricità si prendono per mano. Il finale del pezzo è piuttosto rumoroso e acido.

Inside lavora sui bassi, sempre in sintonia con percussioni sintetiche, e fa pensare a episodi recenti e lontani dell’elettropop internazionale. Ma nel procedere il pezzo rivela anima e sensibilità più vicine al rock.

Si viaggia ai confini della melodia con The Endless and Beautiful Forms, che però preferisce strutture originali e non troppo prevedibili. Il disco si chiude con This is a Paradox, che si inabissa in parte e lavora sott’acqua, salvo emergere di tanto in tanto in piccoli tratti ricchi di aggressività.

La vera finta musica degli Slaves of Love and Bones produce risultati originali e di buon livello. La ricerca di una sostanza sonora del tutto personale non è conclusa ma è senz’altro a buon punto.

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