I Kaisha Kunin nascono a Bologna nel 2009 con un’idea in testa: quella di suonare “open rock”, una musica aperta alle influenze, alle contaminazioni e alle idee. Li abbiamo intervistati
Potete riassumere le tappe principali della vostra storia come band?
Il 2010 è l’anno in cui tutto è partito dopo alcuni timidi incontri avvenuti sul finire 2009. È stato un anno frenetico dove abbiamo pensato di mettere su 10 brani il più velocemente possibile, per registrarli e avere a disposizione un mega demo,diciamo così,necessario per iniziare a farti conoscere.
Per questo diverse canzoni ne hanno risentito negli arrangiamenti e nella qualità del suono. Il 2012 è stato un anno di addii e ritorni e ha fatto da apripista al riassetto della band.
Il 2013 è l’anno di “Ce n’est pas du Rock!” Il nostro primo album autoprodotto e inoltre l’anno in cui abbiamo iniziato a cantare con più voci e a esibirci anche in acustico con un notevole riscontro. Come si può vedere la storia è ancora breve..
Definite la vostra musica “Un rock aperto e pronto a tutto”. Quali sono le vostre influenze e gusti personali?
In realtà quella è una definizione che altri hanno fatto di noi. La prima cosa che ci verrebbe da dire è che siamo stati pronti a tutto pur di suonare, visto che ne abbiamo passate di cotte e di crude e molte situazioni live sono state davvero pessime per organizzazione e trattamento.
Parlando seriamente per noi un rock pronto a tutto significa un rock che rifiuta il cliché e che ti permette di rimanere creativamente libero evitando di finire nell’inevitabile girone del già sentito o della brutta copia di… Per questo i Beatles più come approccio che come genere sono un riferimento assoluto!
Le nostre influenze si intuiscono già dalla copertina del nostro disco dove troverete richiami volutamente più e meno evidenti ai mostri sacri del rock (c’è anche il Mississippi in scala ridottissima preso da google maps) .
Comunque le belle canzoni dei più disparati generi e stili sono la linfa vitale di chi fa inediti… anche un semplice motivetto. E’ fondamentale però costruire e mantenere la propria identità e nel 2014 tutto ciò significa “essere pronti a tutto”
Mi potete raccontare il contesto in cui avete realizzato il vostro primo disco “Ce n’est pas du rock”? Perché questo titolo?
Il nostro primo disco nasce dall’esigenza di fare un album di ampi richiami ma ben caratterizzati. Penso che il complimento migliore per ognuna delle canzoni dell album è quando ti dicono che assomiglia a una’altra canzone di un gruppo che non hai mai sentito, poi vai a sentire quella canzone e non ci trovi niente di così somigliante….ecco questo è il senso della nostra musica!
Ogni canzone è una nuova apertura verso tutto quello che abbiamo già sentito e goduto fino a oggi nel mondo della musica rock, blues, pop, reggae, soul eccetera.
Il titolo nasce dopo aver visto la copertina della nostra illustratrice grafica marcella mattesini (http://cargocollective.com/marg). Ci è venuto in mente un quadro surrealista così abbiamo pensato a Magritte e rivedendo le sue opere siamo rimasti folgorati dal titolo “Ceci n’est pas une pipe” (questa non è una pipa).
Be’ lo abbiamo preso in prestito perché calzava benissimo anche da un punto di vista fonetico col nostro “Ce n’est pas du Rock”, questo non è rock….e per certi versi un disco surreale lo è.
Nel corso della vostra carriera avete già accumulato un’ottima esperienza dal vivo. Che tipo di esibizione avete ideato per questo disco e che tipo di risposte state ottenendo?
Per questo disco abbiamo curato molto di più la parte vocale oltre al resto per questo anche dal vivo abbiamo iniziato a esibirci portando 3 voci, una principale e 2 cori.
Questo aumenta lo spettacolo e la godibilità. Inoltre questo disco ci ha dato la possibilità di rivisitare i pezzi in chiave acustica, la cosa ci ha divertito molto e pare abbia divertito anche il pubblico. Cmq sul nostro canale youtube potete ascoltare qualche pezzo, live, acustico e studio.
Il disco piace e siamo molto contenti, sia per le recensioni sia per i commenti di tutta la gente del settore… ma noi vogliamo subito andare avanti!
In un disco totalmente cantato in inglese mi sorprende un tantino trovare una canzone come quella che chiude il disco, intitolata: “Suka!”. Ovviamente stiamo parlando di un equivoco linguistico, esatto?
Un po’ di tutto;) la canzone chiude il disco e chiude anche la partecipazione al progetto di Jack Calico (Luca Ferrara) fondatore del gruppo insieme a Marco Sammartino.
Infatti è una canzone scritta a 4 mani tra Marco e Luca detto dagli amici Suca!!!! In realtà è però un acronimo e sta per something u kill again, cioè : qualcosa che uccidi nuovamente!
[youtube=http://www.youtube.com/user/KaishaKuninBologna]