The Horrors pubblicano V, quinto album della band, anticipato dal singolo Machine. Il disco, in alcuni episodi, avvicina la band ad atmosfere dance/trance, pop ’80. “Quando abbiamo iniziato” spiega il bassista Rhys Webb, “avevamo un’idea chiara di quello che volevamo fare, cioé fare più casino possibile. Ma pur avendo iniziato con un sound garage punk c’è sempre stata quella voglia di sperimentare ed esplorare” e V è il risultato di un percorso che ha portato a realizzare la musica più ispirata e variegata della carriera di The Horrors.
“È un rischio” dice Faris Badwan a proposito del secco rifiuto da parte della band di fermarsi, “ma la vita non è così divertente senza rischi. È l’antitesi dell’essere creativo se ogni volta sai già cosa andrai a fare.” E Tom Cowan (tastierista) aggiunge: “È normale, se ti consideri un artista devi andare avanti e non puoi farlo senza correre rischi. Bowie ha anticipato la condizione moderna di non poter restare nello stesso posto troppo a lungo, e mi demoralizzano le band che decidono di stare ferme. Perché così poi diventa la loro carriera”.
V è stato registrato a Londra dal produttore Paul Epworth, che ha lavorato – tra gli altri – con FKA Twigs, Lorde, Rihanna, Adele, London Grammar, Florence and the Machine, Coldplay, U2 e Paul McCartney. Dopo un lungo tour in Regno Unito, che comincerà a ottobre, toccheranno l’Italia in due esclusive date: 5 dicembre al Magnolia di Milano e 6 dicembre al Locomotiv di Bologna.
The Horrors traccia per traccia
Le tendenze trance si manifestano a partire dalla prima traccia, una prolungata e compassata Hologram, che termina una coda finale ricca di elettronica dai suoni vintage, coniugati però a una chitarra elettrica acidissima. Passo contenuto anche per Press Enter to Exit, che porta con sé memorie del synth pop anni Ottanta.
Arriva poi il singolo Machine, e arriva da molto lontano, con un’intro graduale e suoni quasi industrial. Anche in questo caso i ritmi sono decisamente sotto controllo, ma le sonorità si fanno più taglienti e con qualche retrogusto new wave.
Ghost arriva a svegliare qualche fantasma, pur senza spostarsi da sotto un velo di malinconia elettronica. Point of no reply poi porta qualche stilla di energia in più, anche se il mood continua a essere soffice e soggetto a uno spleen elettronico.
Weighed Down svicola sulle prime con suoni che fanno pensare allo shoegaze. Ma poi la sezione ritmica si fa sentire con passi molto più pesanti e con sonorità ben piantate a terra. Gathering parte, in controtendenza, da un giro di chitarra, e si rivela come uno dei pezzi più “naturali” del disco, sia per la scelta degli strumenti sia per la fluidità del percorso.
Con World Below si cambia passo: il pezzo è rapido e colorato, con interventi sintetici consistenti ma anche una certa forza e vitalità ben distribuita. Qualche traccia di new wave (e forse qualche eco di Japan) si può scorgere in It’s a Good Life, innervata però da una robusta parte di chitarra.
Si chiude con Something to Remember me by, danzereccia, con ritmi accelerati e un umore tutto sommato in controtendenza con gran parte delle nuvole cupe che dominano l’album.
Un disco molto compatto e omogeneo, quello degli Horrors, che dimostrano di essere entrati nella fase della “maturità” con un alto grado di consapevolezza.
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