Come promesso qualche giorno fa, ecco Electric Countryside, l’ep d’esordio dei Jail Underdog, in anteprima esclusiva su TraKs! Il lavoro della band punk/rock/blues/country uscirà ufficialmente il 7 ottobre, perciò oggi lo si può ascoltare soltanto qui, in fondo all’articolo. Ed ecco qui la nostra classica intervista.
Mi potete raccontare la storia della band?
Le coordinate zero zero si possono ritrovare nel compleanno di Andrea (il batterista) del 2010, al quale ci incontrammo tutti e quattro per coincidenza.
Lui e Giacomo (cantante) si conoscevano da anni e da tempo cercavano gente per formare una band, ed ebbero il malcapitato incidente di incontrare un molto propositivo e abbastanza ubriaco Leonardo (chitarrista) che subito si candidò.
Iniziammo le prime notti insonni nella vecchia sala prove, e dopo alcuni tentativi con altri ragazzi, chiedemmo proprio ad Alessia di imbracciare il basso, per via dello stile unico che la distingueva dal resto della scena fabrianese.
A differenza di altri gruppi siamo stati prima ‘colleghi’ che una compagnia di amici; abbiamo imparato a conoscerci prima in sala prove e poi al di fuori, a uscire insieme e condividere una brocca di vino.
Il legame che può nascere dal condividere un palco assieme è qualcosa di unico, e siamo grati alla musica anche per averci fatto incontrare, fatto sudare, fatto sperare, fatto bestemmiare, fatto sbronzare sotto le stelle, insieme.
Il resto è storia, banale da raccontare riassunta ma spettacolare nelle sue singolarità, sulle quali non c’è tempo per dilungarsi; si suona in locali, bar, bettole anguste (che adoriamo), giardini pubblici, concorsi e ovunque ci portino gli dei sfortunati del blues.
Come vi è venuto in mente, anche se soltanto a livello di spunto e di suggestioni iniziali, di mettere insieme generi molto distanti come il punk rock che suonate di base con gli accenni al country che si ascoltano qui e là nell’ep?
Non siamo partiti in sala prove dicendo “facciamo questo genere”, o “hai presente quel gruppo?” o ancora peggio “intanto facciamo qualche cover?”. Volevamo suonare, e basta.
Volevamo fare qualcosa che fosse nostro, anche se non sapevamo bene cosa fosse. Veniamo tutti da ispirazioni abbastanza differenti, Giacomo e Andrea sono per lo più metallari, Leonardo è un grezzone cresciuto a punk e blues, e Alessia è sempre la mano che raffina i pezzi e dona loro un’ulteriore dimensione.
All’inizio fu complicato trovare un vero e proprio indirizzo da seguire, ma diciamo che venne da sé col tempo. Forse il country è inconsciamente venuto a galla per quello che rappresenta: la ruralità.
La nostra zona è in piena fase di declino industriale, e ora più che mai viene da volgere lo sguardo ai paesaggi che ci circondano, alle vita di campagna che rappresenta le nostre radici quasi dimenticate. E’ un punk nostalgico e rabbioso, che vorrebbe spazzare via tutto e ricominciare da capo, dalla terra.
“Abandon’s Trail” si stacca dal resto dell’ep per sonorità e ritmo: come nasce?
(Leonardo)- Il primo giro di chitarra fu udito nella soffitta di un mio amico, e qualcuno mi suggerì di farci qualcosa. Lo portai in sala prove e costruimmo insieme. All’epoca stavamo tentando di convincere Giacomo a riprendere il flauto in bocca [*risate registrate da sitcom*], dato che lo suonava alle medie e oltre, e pensammo che potesse essere la traccia perfetta sul quale sperimentarlo.
Il testo lo scrissi io, sempre pensando a lui. Sì, ci vogliamo tanto bene. Sapete, il nostro cantante è una persona abbastanza pessimista, e quelle parole mi sono venute in mente cercando di immaginarmi il suo punto di vista. Eppure, successivamente mi è successo di sentirle più mie che mai, destino beffardo.
La canzone ha cambiato forma tante volte prima della versione che potete ascoltare, anche in fase di registrazione stessa grazie al confronto col ragazzo che ci ha registrato e mixato, Sauro Mori. Avere una persona affidabile e sincera che pone un punto di vista esterno è sempre utile per imparare a crescere.
Questo ep mette in mostra già ottime qualità: avete altro materiale con cui costruire un disco intero o per il momento preferite focalizzarvi sul “breve”?
Di pezzi attualmente ne avremmo per registrare un disco intero, ma siamo troppo avidi di crescere. Vogliamo di più, vogliamo di meglio da noi stessi. Abbiamo idee e bozze in cantiere, vogliamo realizzare canzoni più sensazionali, violenza più violenta e malinconia più malinconica, e soprattutto fare concerti sempre più irruenti e spettacolari.
Alla fine, registrazioni, ep, lp, video musicali, per noi non sono altro che un grande contorno per quello che resta sempre il piatto principale: il concerto.
E’ lì che viene fuori il vero spirito del rock’n’roll, che ci si confronta con la gente guardandola negli occhi, mostrando loro tutta la convinzione che ci fa dimenare e urlare sul palco, le ore sudate in sala prove e le cicatrici di tutte le battaglie svolte per inseguire questo sogno. Quando avremo i pezzi perfetti per il primo LP, lo sentiremo. E li sentirete anche voi.
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L’ha ribloggato su ICORE Produzionie ha commentato:
I Jail Underdog intervistati da Fabio Alcini su #MusicTraks!
In più l’anteprimissima streaming del disco…
…se non vi basta siete “choosy”