Trigale, “In pancia al pesce”: la recensione

In pancia al pesce è il nuovo disco dei Trigale, trio nato in Sardegna nel 2015 dall’unione di tre musicisti con storie, background musicale diverso e influenze eterogenee. L’unione dei tre ha dato vita a un rock’n’roll/blues, misto a country e rockabilly, per avanzare sul terreno della musica “che li riporta a casa”.

Trigale traccia per traccia

Si entra in clima con Cuore mio che aspetti: una ballad a metà tempo dalle caratteristiche fortemente inclinanti verso il blues.

Excursus su vizi pubblici e lamenti privati con Non ti va mai bene niente, che introduce un’altra caratteristica importante del disco, cioè l’ironia.

Bluesettone elettrico e divertito, ecco poi la title track In pancia al pesce, anche affilata ma piuttosto ironica.

Veloce e fluida, ecco poi Mi ama lei, storia d’amore un po’ contrastata ma complessivamente felice.

Tutt’altro umore per Prato nero, in cui si parla di trifogli, su sensazioni rock blues piuttosto old style.

Si riaccendono i motori con Quattro cantoni di cemento grezzo, movimentata, americana e agreste.

La pazienza è, convenientemente, rallentata e aperta, con cori, armonie, colori di tramonto.

Moderatamente depressa, ecco poi Salamoia, ritratto domestico in minore. Indizi di ribellione, sia nel testo sia nella musica, affiorano invece ne La legge del più forte.

Finale morbido per il disco, con le atmosfere minimali ma molto calde di Veranda affacciata sul nulla.

Genere: rock-blues

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