Si chiama Superspazio il nuovo disco dei Tubax. Sono in tre, vengono da Bologna, hanno girato mezzo mondo. Alberto Fogli, Davide Stampini e Giacomo Schirru Manca pubblicano nel 2009 il loro esordio, Il Mondo Sta Finendo.
Con il secondo album, Governo Laser, uscito nel 2015 e completamente autoprodotto, hanno coniato un nuovo genere musicale, il LaserFunk. Ora, affiliati sotto l’alleanza tra 4inaroom Records ed È Un Brutto Posto Dove Vivere, ritornano con il loro terzo album.
Superspazio è il momento conclusivo di una trilogia non scritta. Dentro c’è la voglia di trasportare su nastro la potenza della presa diretta, ma anche la qualità dei suoni registrati a tracce separate. Post rock, krautrock, psichedelia, prog e follia hardcore. Tutto combinato insieme.
Tubax traccia per traccia
Si parte dalle voci robotiche e dalle percussioni nervose e scomposte di Furiax, che sconfina quasi nel math.
Con B68 si cambia complestamente umore: il pezzo è sotterraneo, strumentale e minimale, ma molto minaccioso.
Si esce dal sotterraneo facendo rumore: ecco infatti Night Walker I che prima funziona a loop, poi aziona il drumming, poi sviluppa tutto un arco cromatico molto vasto.
Con Night Walker II invece si è di fronte a un rimbalzo sonoro isolato, che poi si trasforma in una schermaglia e forse in una mitragliata scomposta.
Si torna nei sotterranei, brevemente, con Night Walker III, che riprende la ritmica della precedente ma si sviluppa in lunghezza e in ampiezza.
Parte da lontano Klang, che ha ritmi da tamburi nella foresta, aprendo poi le porte a una parte melodica più fluida.
Si salta poi a Bon Voyage I, molto intensa, colorata e sintetica, con grande spiegamento di forze.
Torna la voce (sempre robotica) in Bon Voyage II, che rallenta un attimo ma picchia più forte sulle percussioni.
Due minuti di voci lontane e riverberi spaziali in Y67, contraltare di B68, secondo pezzo del disco.
Si chiude con 10 Anni Luce, che alterna parti agili a un drumming pesante, tornando di nuovo in zona math rock.
Disco molto interessante quello dei Tubax, che mettono insieme le proprie (molte) influenze e le proprie esperienze internazionali per ottenere un album sfaccettato e notevole su molti livelli.