Il rigore e la contaminazione: gli Yattafunk si presentano come molto duri e puri (“no melodyne, no autotune, no
triggers, no re-amp, no cutting between a note and the other, no keyboards and no fade outs”) ma poi mescolano a piacimento due generi non proprio consimili, come funk e metal. Il risultato è Yattafunk sucks, un disco d’esordio concepito su otto tracce spesso molto tirate e piuttosto sporche, in cui il lato metal ha spesso il sopravvento.
Yattafunk traccia per traccia
Si parte con la canzone omonima, Yattafunk, che apre con slappate di basso e prosegue su ritmi punk-funk piuttosto tirati. Tempi veloci anche quelli di Hell Yeah, che lascia da parte il lato più funk per concentrarsi su un sound che si avvicina al metal, soprattutto grazie alla chitarra.
Pullover non è una cover di Gianni Meccia (“il pullover/che mi hai dato tu/sai mia cara/contiene una virtù”. Ah, che momenti). Al contrario è un altro pezzo piuttosto furibondo con un cantato che qui e là “sfora” fino al falsetto, e con caratteristiche che fanno pensare all’hair metal anni Ottanta, soltanto più cattivo.
Combinazioni particolari quelle di Leggins & Knives, ancora propensa a lasciare mano piuttosto libera alla chitarra, con qualche accenno di crossover in grado di regalare qualche spunto di interesse in più al pezzo. Squirtnado riporta in auge la parte funk della band, aggungendo qualche curioso accenno jazzato nella seconda parte.
Il titolo maideniano Hallowed be thy funk lascia poi spazio ad altre slappate e a una buona cavalcata ricca di influssi metallici. Hypocondria mette in evidenza la voglia di suonare e di divertirsi della band, che lascia le briglie piuttosto sciolte. Il disco si chiude con una Mr.Ball (The Clochard Killer) che si allinea maggiormente a idee hard rock di stirpe Zeppelin/Sabbath.
In complesso un buon esordio per gli Yattafunk, forse passibili di qualche miglioramento in sede di attenzione ai particolari, ma comunque sufficientemente dotati di buoni istinti e di energie da rendere il proprio lavoro interessante.