Inauguriamo una nuova rubrica, l’Aperitivo con l’ep (o epritivo, vedi tu), la recensione di un ep che puoi sorseggiare prima di cena. A inaugurarla il nuovo degli Alcesti, Monumenti: edito da Dischi Soviet Studio, questo lavoro rappresenta una presa di coscienza, ma anche la voglia di ritornare nel ventre caldo e privarsi di ogni responsabilità contrapposta alla voglia di conquistare ciò che amiamo ad ogni costo.
Marco Ferrante, Mattia Quaglia e Stefano Cocco da Treviso, riescono a creare atmosfere ben riconoscibili ricche di influenze tipiche del post-rock e del trip-hop, fondendole con melodie pop e testi in italiano sempre più maturi e consapevoli. L’intero progetto è stato registrato e prodotto da Martino Cuman (Non Voglio Che Clara).
Alcesti traccia per traccia
Si parte da Placenta, che è sostanzialmente spezzata in due: una partenza e una prima parte molto veemente, e un digradare malinconico verso il finale.
Monumenti, la title track, si muove sulla doppia direttrice di una chitarra dolorante e di un basso che lavora con continuità e rabbia (“vestiti in fretta dai/stanotte andiamo a farci male”).
Si passa poi a Talamo, che ha spostamenti continui a livello ritmico e una struttura che sembra studiata per spiazzare. Suoni inquieti e anche cori alle spalle del brano costruiscono un’atmosfera molto scura.
L’ep si chiude con una più ragionata e ragionevole Nostri Mostri, con qualche piccola scarica di hip hop.
Gli Alcesti concretizzano i propri istinti in queste quattro canzoni, che suonano pop ma stratificate su influenze e livelli diversi, con sonorità sfaccettate ma sempre contemporanee.