Come sempre refrattario alle logiche discografiche tipiche, Andreotti ha aspettato il 31 dicembre 2021 per pubblicare Accollo!, il suo terzo album in poco più di un anno. L’iperproduttività è però soltanto una delle caratteristiche di questo cantautore, che continua a non mostrare il volto per lasciare la propria musica al centro del progetto.
Incisioni intime su registratori a nastro anni 70′ e una certa vena lo-fi, proiettano l’ascoltatore in un’altra dimensione, sognante per certi versi, psichedelica per altri. Accollo! è scritto, prodotto e suonato da Andreotti ed è stato mixato e masterizzato presso il VDSS STUDIO RECORDING da Filippo Strang.
Andreotti traccia per traccia
Con un falsetto che si adagia su atmosfere morbide, Vinaccia apre il disco in piena aria vintage, ormai classiche per il cantautore misterioso.
Molto più intima e triste Invecchierai, una malinconica presa di coscienza della caducità (altrui), con una coda finale quasi psichedelica.
Passo lento per Ballerina, che si appoggia però su un ritmo di batteria particolarmente articolato. Accenni particolarmente dreamy in un pezzo che cambia passo e scenario nella seconda parte.
Ubriachezza molesta rende il falsetto quasi incomprensibile (succede abbastanza spesso ed è un peccato, perché i testi meritano) parlando di decadenze umane, in un ambiente sonoro che si fa sempre più psych, con un finale di tastiere e ritmi piuttosto battistiani.
Più malinconica, ecco Camicione blu, sempre con un drumming piuttosto elaborato e la voce che scala le vette. I riferimenti agli anni Ottanta, che hanno dominato la prima parte della produzione di Andreotti, caratterizzano Sefossibaudo… bauderei, brano rock a tutto tondo, con esplosione furibonda e incorporata, ancorché inframezzata da intermezzi quasi ieratici.
Tempo di Cunnilingus psichedelici, in cui l’esplorazione di cui nel titolo si articola su evoluzioni di batteria e basso particolarmente Seventies. Anche in questo caso il brano evolve e sperimenta, lasciandosi sofficemente andare nella seconda parte.
Parte piano Inverno, che poi rivela invece un’anima acidissima e molto dinamica, sempre a far contrasto con il cantato di Andreotti. Si chiude con Natale, che distribuisce grande amore per i parenti e alternative interessanti per la festa più famigliare dell’anno. Anche qui la deriva psichedelica prende piede molto presto.
C’è una chiara evoluzione sonora nel percorso di Andreotti, che qui si diverte ancora di più con le articolazioni musicali delle proprie canzoni, disegnando percorsi fantasiosi e colorati. Il vintage domina come sempre ma qui si espande in diverse direzioni. Ci sarebbe da aggiustare meglio il falsetto, secondo me, in modo da non farlo diluire troppo, anche perché quello che si capisce dei testi è sempre piuttosto spassoso. Ehi, ma magari sono io che certe frequenze non riesco più a sentirle, chi può dirlo.