Canzonissime è il quinto album di Bombay: dodici tracce che potevano essere anche di più ma “abbiamo mantenuto un certo contegno ed evitato di strafare”. Tutte le canzoni sono state registrate, prodotte e arrangiate da Bombay e Riccardo Pasquarella durante un anno di lavoro e successivamente masterizzate da Dario Giuffrida.
Canzonissime, anticipato dall’uscita di tre singoli nel corso degli ultimi mesi del 2023 e i primi del 2024, continua nel solco dell’ultima produzione discografica di Bombay (Album del 2020) ma questa volta il sound è più asciutto, scuro, minimale e pone la voce al centro della scena.
Bombay traccia per traccia
Apertura abbastanza ben carburata quella che è servita da Sant’Agnese, tra campane e pranzi, con un mood acustico e dinamico, e con qualcosa di Venditti (che non a caso è citato in modo esplicito) e qualcosa di Fulminacci. Ma anche molto di Bombay.
Ecco poi Giuro non avevo capito, uno dei singoli che hanno anticipato l’album: una storia di vita vera e di amore finito male. Ma con un tono tra l’ironico e lo scornato, e con la necessità di non prendersi mai troppo sul serio.
Storie di corse, quelle raccontate da Cesare, che spalleggia la malinconia della chitarra, un po’ new wave, con un cantato altrettanto malinconico. Si finisce tutto in surreale, in immagini, in una tristezza che sembra non passare.
Pensami sopra una nave ha pensieri serrati e sogni in libertà, ma non necessariamente in senso positivo. Le chitarre si sovrappongono, la voce si alza, si aggiunge una certa dose di pathos nel finale.
Ma poi arriva La notte e si prende tutto: verità e ingenuità fanno rima in una ballad che porta pesi. La chitarra è ancora protagonista, per cercare di evadere dai ricordi.
Le parole muoiono in bocca in Prima di mandare tutto all’aria, che richiama le atmosfere del cantautorato internazionale, presente e passato, e che di nuovo lavora bene di chitarra. “Nei momenti difficili ci vuole sempre l’astuzia“, e anche altre cose, tra cui un gatto grosso. Forse la mia “canzonissima” preferita dell’album, ma ci devo ancora pensare.
Ginnastica apre declamando e scandendo, parlando di coppie semplici, di lavoro, di restare al letto con le mani legate (metaforicamente). Teste tenute e risse con i cinesi trionfano all’interno di Tu non puoi venire ai miei concerti, che ammonticchia memorie anche amare, ma narrate con gentilezza.
Si continua con tranquillità anche con Oggi mi sono buttato al mare, che usa anche i cori per sottolineare di aver scritto “odio” sulla pancia, quando un tempo si scriveva “t’amo” sulla sabbia. Nel frattempo il pianoforte e la chitarra tengono insieme una melodia semplice ma molto intima.
Libri di storie e poemi epici; eroi, santi e regine, neanche fosse Ariosto: invece è Arturo, che si fa veemente, rabbiosa, quasi rock, a mostrare un lato diverso di Bombay. La nostalgia della leggerezza e delle risate hanno lasciato tracce dietro di sé.
Altri episodi di mare riempiono Odore di canna, morbida e acustica, a caccia di un’emozione che esplode come una bolla di sapone. A chiudere ecco Meduse, celebrazione di creature che vengono a morire in spiaggia, come pensieri che se ne vanno ma che lasciano tracce evidenti di sé. “Abbiamo detto quello che era da dire“: un modo essenziale e misurato per chiudere un rapporto. E anche un disco.
La cosa più interessante è lo sguardo che Bombay ha sulla realtà, nonché il modo di tradurlo in canzoni. Uno sguardo spassionato ma compassionevole, che abbraccia anche quando sembra rimanere distante. Le Canzonissime di questo album hanno molti colori, qualcuno sbiadito, ma è giusto che sia così.
Perché sotto la tela del quadro rimangono tante sensazioni importanti, a sgocciolare e impregnare canzoni a volte semplici, a volte più articolate, ma sempre costruite con cura, con attenzione e anche con una consapevolezza sorniona che colpisce e affascina.