Esce su tutte le piattaforme digitali e in vinile Palo, il primo album dei Brucherò nei pascoli, anticipato dal singolo Montreal.
“Palo” è il nostro primo disco ufficiale. Non è facile parlarne, perché vorremmo che fosse la musica a farlo. L’abbiamo concepito in un periodo in cui la band si stava ancora formando completamente, mentre vivevamo le nostre solite vite, i nostri soliti lavori, ma allo stesso tempo si scommetteva tutto quanto sulla musica, coscienti che non saremmo riusciti a pagarci le bollette. Per noi “Palo” è diventata un’aspirazione: ogni scelta che prendevamo era un palo fuori o palo goal, segnare o buttarla fuori. Alla fine ci siamo resi conto che la cosa che accomunava ogni nostra decisione era questa continua non risoluzione degli avvenimenti, che portava a un inevitabile fallimento. Non si tratta però di un fallimento negativo, anzi: ogni volta si rilanciava la sfida, e questo crediamo si avverta tanto nella tensione musicale del disco quanto nei testi che abbiamo scritto. Se dovessimo scegliere un termine per descriverlo, parleremmo di “appartenenza”. “Palo” è un disco che vuole fare i conti con il sistema della musica indipendente in generale
La band parla di “appartenenza” per descrivere questo progetto e questo senso di appartenenza, oltre al quartiere a cui sono così legati, Via Padova, proviene anche dalle loro radici proletarie. I loro padri hanno fatto il muratore e l’operaio e le madri erano una maestra e una bidella. Questo è un disco che fra le righe vuole fare i conti con le loro origini. Non è scontato intraprendere il percorso che stanno facendo i Brucherò, mettersi in gioco così tanto e scommettere di poter fare nella vita un lavoro per pochi considerato da pochi “normale”. Per fare un esempio, girare in tour sulla Panda di Niccolò non è un vezzo estetico come in molti hanno pensato: semplicemente è l’unica macchina che hanno.
Brucherò nei pascoli traccia per traccia
Tra hip hop e hardcore, ma comunque con particolare aggressività, Palle piene attacca alla gola l’ascoltatore, elencando una serie di questioni che, diciamo così, logorano la pazienza dei Brucherò nei pascoli. Con un paio di intermezzi “angelici” che mostrano anche un lato melodico abbastanza imprevedibile.
Con qualche evidente reference ai Beastie Boys e ai loro generi di riferimento, ecco Ghicci Ghicci, che pesta duro sul drumming e urla forte quando necessario, alternando inglese e italiano e slang misto.
Parte poi Renatino, un pezzo tutto rapidità e divertimento, su per giù. Un pezzo che diventa sempre più vertiginoso e che fa pensare a tutta la stirpe di alternative internazionale che va dagli Interpol agli Idles e oltre.
E all’improvviso, ecco la melodia: Piccoli fuochi è una specie di Sunday morning che emerge dalle ceneri dei brani precedenti, gonfia di malinconia e di ricordi tristi, tra il letto e la Milano-Lecco.
La nostalgia e la melodia rimangono padrone anche di Lambretta, pur non avendo proprio un testo ricolmo di gentilezza: “Brava/porca di quella puttana/qui c’è il vicino che chiava/e in tele è morto Nino Frassica” (per dire). I synth fanno salire il brano, ma siamo più vicini ai Voina che a Tommaso Paradiso, per capirsi.
Con Montreal si entra in disco, con un racconto fittissimo su ritmi molto alti, in un ritratto futuribile di una lei che ha evidentemente ambizioni piuttosto vaste. I battiti diventano parossistici con Giorni, che ha qualcosa di ironico e grottesco, mentre le barre scorrono martellanti.
Ecco i Pascoli dove brucare, per un brano in cui torna il synth e la malinconia, in una confessione di disponibilità estrema, che sfocia poi in uno sfogo finale molto rumoroso.
Aneddoti d’infanzia e ricordi assortiti si collocano in cima a Teniamoci stretti, brano finale del disco. Il lato intimo della band riemerge in quella che assomiglia a una ballatona, certo immersa nei concetti del 2023, anche se i suoni sembrano quelli del 1963 o giù di lì.
Notevole e sorprendente, il disco di debutto dei Brucherò nei pascoli: imbevuti di ascolti internazionali e contemporanei, i ragazzi non si fermano lì e vanno oltre, scrivendo testi che colpiscono e spingendo le sonorità in tutte le direzioni possibili, dal pianissimo al fortissimo, con qualche incursione nella dance. In sintesi un lavoro innovativo e forte, sicuramente nella direzione giusta.
Genere musicale: hardcore, hip hop
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