Cafè Desordre: intervista, recensione e streaming

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Dieci anni di carriera e tre dischi hanno portato i Cafè Desordre e la loro miscela di folk, jazz, cantautorato, rock e altro all’ultimo lavoro, che si intitola Sushi. Abbiamo posto loro qualche domanda.

La vostra band ha oltre 10 anni alle spalle, ma vogliamo fare un riassuntino della vostra storia per chi ancora non vi conosce?

I Cafe Desordre nascono nel 2008 a Verona dall’incontro e dalla sintonia creativa di Andrea Felis (voce e chitarra) e Matteo Del Passo (chitarra, cori). Il progetto ha avuto un percorso naturale, che ha portato la formazione a evolversi anche artisticamente, dando spazio a nuova creatività scaturita ogni qualvolta sono stati coinvolti nuovi strumenti: contrabbasso all’inizio, poi sax nel 2014, violino nel 2016, fino ad arrivare ai fiati, alle percussioni, al basso elettrico, alle tastiere dell’ultimo album.

Alcuni momenti sono stati senz’altro decisivi per la crescita del progetto, come per esempio l’arrivo di Luca Venturini alla batteria nel 2012 e di Michele Zanotti al sax tenore nel 2016.

Oltre alla partecipazione a qualche festival indipendente importante, come il Goose Festival a Zevio (VR) nel 2013, in apertura all’headliner Maria Antonietta ( La Tempesta Dischi ), è da ricordare la vittoria, sempre in quell’anno, della classifica mondiale di BalconyTv.com, suonando live, sul tetto di un palazzo in centro a Schio (Vicenza), il singolo Per colpa di una donna slava dal nostro primo album, una canzone ironica in stile balkan che parla di cuori infranti e barcollanti notti insonni al bancone del bar. La World Chart di BalconyTv.com prevede infatti che il pubblico voti il migliore live di ogni settimana, tra 200 band che si sfidano da una cinquantina di città del mondo.

E’ stato bellissimo vedere le performance di altri artisti che non conoscevamo affatto e che suonavano davvero bene da città come Berlino, New York, Sydney con delle locations mozzafiato tra Manhattan e l’Oceano Pacifico.

Noi, piano piano, siamo saliti nella top ten e da metà settimana in poi, abbiamo raggiunto la vetta fino alla fine, mentre alle nostre spalle spuntavano addirittura gruppi importanti a livelo mondiale come i famosi Munford & Sons con un video live dalla Gran Bretagna. E’ stata una bella soddisfazione.

In questi 10 anni abbiamo pubblicato 3 album, 1 ep e un demo,
passando attraverso il folk, balkan con accenni prog psichedelici, del primo album “Cafè Desordre” del 2013, al folk jazz del secondo lavoro “Disordinazioni” nel 2016, fino ad arrivare al nuovo disco “Sushi”, uscito il 25 maggio 2019, nel quale si sono aggiunte, oltre alla solita vena folk cantautorale e jazz, influenze e ritmi sudamericani, nuovi per noi.

Per la prima volta, inoltre, compare un pezzo eseguito piano e voce e una canzone, la title track, che si contraddistingue nello stile disco funky ’70, decisamente nuovo per noi. Tutti gli album li abbiamo registrati e mixati presso i Digitube Studio a Curtatone, Mantova grazie alle sapienti mano di Carlo Cantini ( violinista, compositore di fama mondiale che ha collaborato con tantissimi artisti internazionali , uno su tutti, Stevie Wonder)

Nel disco ci sono svariati ospiti, svariati generi e un’atmosfera generalmente piuttosto festosa. Rispecchia come sono andate le lavorazioni del disco o in realtà siete stati rintanati in studio con i musi lunghi?

Direi, senza dubbio, che ci siamo divertiti moltissimo. Difficile che ci troviate, sopra o sotto il palco, con i musi lunghi, non sarebbe da noi. Storicamente, anche live, abbiamo sempre cercato il coinvolgimento del pubblico, giocando a prenderci poco su serio. Questo album non fa eccezione.

In questi 2 anni di lavoro la parte compositiva, di arrangiamento, le prove generali prima dello studio e tutte le sessions poi con gli ospiti, sono state accomunate da un’atmosfera allegra e molto ispirata. Anche quando la dedizione e il rispetto per il lavoro imponevano concentrazione si è sempre lavorato con il sorriso. Credo che si senta ascoltando il disco. Consideriamo anche il fatto che le registrazioni in studio sono durate solamente tre giornate in tutto, nonostante il gran numero di elementi presenti in “Sushi”.

Posso sapere come nasce l’unica canzone veramente “seria” del disco, cioè “Tutto quello che vedi”?

Sì, in effetti, un disco come questo, solare, allegro, per la maggior parte molto ballabile, ha una traccia che più delle altre ha uno stato d’animo diverso.

Anche se, a nostro avviso, sarebbe troppo frettoloso giudicare quest’album nel complesso solo “festaiolo”, perché in realtà se ascolti con attenzione ci sono spesso dei messaggi più profondi. Prendiamo, uno sui tutti, l’esempio più calzante, Sushi. Se si ascolta bene, nasconde, una chiara provocazione e induce a riflettere sulla nostra vita di tutti i giorni. 

Idem direi anche per l’altra traccia distante dal resto, con atmosfere vicine al prog-rock ’70, “Posso essere te”. Tornando a “Tutto quello che vedi”, si, è vero, è ispirata ai momenti difficili della vita: il protagonista riflette sulle prove che la vita ti pone davanti e sul tempo che inevitabilmente scorre e che, alla fine, porterà con se ogni cosa, piccola o grande che sia, per poco o per tanto che ci abbia accompagnati.

La canzone, poi, ha avuto una storia molto particolare. Scritta in origine per chitarra e voce, è stata improvvisata da Eddy Fiorio al pianoforte, proprio durante le registrazioni in studio, durante una pausa. Abbiamo avvertito tutti qualcosa di magico quel pomeriggio: Eddy, che ha suonato anche tutte le tastiere del disco, dopo qualche minuto che stava improvvisando al piano sugli accordi del pezzo, viene raggiunto nella sala grande da Andrea che inizia a seguirlo col testo e a improvvisare nuove linee di voce.

La bellezza di una di queste take, eseguita con tutti noi intorno, rimasti senza fiato, ci ha convinto immediatamente che il pezzo sarebbe entrato, così, nel disco.

Avete ideato un packaging particolare per celebrare i 10 anni della band. Mi raccontate come funziona il tutto?

L’idea è nata per celebrare questi dieci anni, con l’intento anche di proporre qualcosa di molto diverso dal solito e in tiratura limitata per il Release Party, almeno visti i nostri dischi precedenti usciti su CD (oltre che sugli store come sempre).

Si tratta innazitutto di due soluzioni diverse: la prima dal titolo Sushi, contenente il nuovo album e il video ufficiale del singolo uscito a febbraio Breve storia di due voyeurs che trovate anche su Youtube e la seconda dal titolo X – 10 anni di disordine con la discografia completa dei tre album. Il tutto realizzato inserendo i file su delle chiavette usb multicolore, personalizzate con il logo della band, inserite in due differenti “scrigni”, ovvero 2 scatoline raffiguranti le due diverse copertine e una volta aperte, al loro interno, il disegno di un uramaki. Sia “Disordinazioni” che “Sushi”, comunque, li trovate su Spotify e su tantissimi store digitali.

Avete presentato il disco in formazione “allargata” sul palco qualche giorno fa. Che tipo di esperienza è stata? La ripeterete?

L’esperienza è stata bellissima. Suonare in tanti, del resto, è davvero una figata pazzesca. L’idea era quella di riproporre fedelmente i pezzi, come erano stati suonati nel disco, anche nel live durante il Release Party.

Abbiamo pensato di farlo in un posto come il Red Zone Art Bar, locale molto particolare e attento alla musica indipendente italiana e estera, con una vista bellissima della città dall’alto, in uno dei borghi più belli d’italia, San Giorgio di Valpolicella in provincia di Verona. E direi che ci siamo riusciti.

Bisogna dire grazie, comunque, oltre al Red Zone Art Bar, anche a tutti i musicisti che abbiamo coinvolto, per le sessions in studio e live. Siamo davvero grati per tutto il lavoro che hanno svolto insieme a noi. Era l’esame del nostro terzo album e siamo fieri di quello che abbiamo fatto.

Suonare il disco in formazione allargata è da ripetere sicuramente in futuro, senza dubbio quando la location e l’evento lo dovesse permettere. Ormai ci abbiamo preso gusto. Seguiteci, siamo solo all’inizio… :-D

Grazie a tutte le persone che ci supportano sempre e come sempre Love&Desordre.

Cafè Desordre traccia per traccia

I Pinguini parlano di Sashimi, i Cafè scelgono il Sushi: una sorta di fiesta un po’ tropical e un po’ jazz, con fiati e ritmo bailado, che apre il disco su note alte e allegre.

Tre civette lascia spazio al sax, per la celebre conta infantile qui reintepretata e raccontata in modo piuttosto diverso.

Curiosa e orgiastica La festa dell’armadio, un racconto con sonorità balcaniche di animazione di oggetti inanimati.

Tutti diversi i ritmi e le sensazioni trasmesse da Nina, una storia di partenza morbida e malinconica, che però ha un finale animato.

Jamaica Cuba Mexico torna ad atmosfere allegre anche se con momenti diversi, rallentando fino al reggae.

Guardonismo spinto all’interno di Breve storia di due voyeurs, con un po’ di ironia ma anche un filo di inquietudine.

Guida la chitarra in Posso essere te, meno jazzata e un po’ più oscura rispetto alle altre canzoni del disco.

La malinconia prende possesso improvvisamente di album e band con Tutto quello che vedi. La chiusura del disco invece è la gioiosa ma nostalgica La sera di Natale (con sorpresina finale).

Disco dai molti colori, il nuovo dei Cafè Desordre ha il pregio di non prendersi mai troppo sul serio, il che non vuol dire affatto che non sia suonato seriamente, scritto con qualità e ricco di ispirazione.

Genere: folk, jazz

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