Quarto album da solista del cantautore e polistrumentista Emanuele Colandrea, che per questo nuovo lavoro, intitolato Uno, sceglie di chiudersi in studio e di fare tutto da solo. L’album è infatti scritto, suonato, arrangiato, registrato, mixato e masterizzato da Emanuele Colandrea.

Anche in Uno il cantautore ci prende per mano e ci porta a spasso nei suoi pensieri: una lontananza che non è mai assenza, una dedica al figlio, un’eco di ciampiana memoria contro il consumismo, i giorni che sembrano stagioni e l’importanza della condivisione, i bambini di Gaza che non diventeranno mai adulti, sono alcuni dei “pensieri ad alta voce” di cui Colandrea vuole renderci partecipi.

Uno è la regola non scritta con cui è stato concepito il disco, è il numero dell’istinto, del “buona la prima”, di un giorno alla volta, un’ora alla volta, una canzone alla volta, una volta alla voltaMi piace poi pensare che sia anche “uno nel caso” piuttosto che “uno a caso”, “uno nei tanti” piuttosto che “uno dei tanti”.  Ho cominciato a registrare decidendo a priori che ogni brano non sarebbe stata pensato e lavorato più di un giorno e che le riprese di chitarra e voce sarebbero state in presa diretta, in simultanea, una sola traccia senza riferimenti di tempo, senza la ricerca della perfezione, senza se e senza ma. Per ricominciare si parte da Zero, per ricominciare a ricominciare invece si parte da Uno. 

Emanuele Colandrea traccia per traccia

C’è un vento che soffia e c’è un’attesa che si fa necessaria in Sabbia e cemento: le vite si mischiano come i materiali di costruzione, mentre suoni sommessi si alzano piano e crescono un po’ per volta.

Affanculo gli specchi: Sarà bello è ricca di promesse, con un sound moderatamente ottimista, con una voce che apre su ciò che sarà bello in una relazione che deve ancora iniziare. Le metafore del destino diventano immagini che completano un brano dai toni morbidi e realistici.

Questioni di citazioni, di vecchio conio e di Padova: Andiamo camminiamo lavoriamo racconta lo stress dei giorni che viviamo, dispensando qualche consiglio su abbronzatura e sulla vita tranquilla. Una chitarra armeggia sullo sfondo di una sorta di flusso di coscienza tra provincia e città.

Ho imparato si struttura a elenco, con un po’ di armonica a bocca e uno spirito narrativo e folk: le molte cose imparate scivolano via, ma c’è qualcosa che rimane nonostante tutto ciò che se ne va.

C’è un certo senso del dramma che sorge da Siamo fatti, che mette in sequenza i nostri materiali di costruzione, per concludere che “siamo un meraviglioso punto perso nell’universo“.

Altre attese quelle di Ti ho aspettata tutti i giorni, che nasconde piccoli segreti ma anche clamorose idee urlate in coro, con il desiderio di passare con lei “tutti i prossimi inverni”.

Una storia di una vita lunga emerge da A forza di essere gente, anche in grado di contraddire qualche luogo comune. Chitarra, voce ed esplosioni riempiono Con le mani nella guerra: è molto chiaro chi ci guadagna e chi ci perde dalla guerra, con riferimento esplicito alla macelleria sempre in corso a Gaza.

Si torna al personale, cognome e tutto, con Altro che Colandrea, che si pone una serie di dubbi. Voglia di fuga, voglia di scegliersi un premio per la propria vita.

Note morbide e giri avvolgenti in Osso di mela, che canta sottovoce: insegnamenti e ninna nanna per un figlio, tutto fatto con la necessaria gentilezza.

Abbastanza improvvisa e breve, ecco poi Te l’ho detto già, che sa di cantautorato, di voce alta e di chitarra, tra promesse passate ma ancora valide.

Influenze internazionali nel suono per Un giorno tre autunni, con malinconie che si cercano di sconfiggere con bevande in bicchieri di plastica. Ma poi tutto quello che si vorrebbe dire è “Mi manchi“.

Si conclude con pensieri di anarchia con Amarsi è rivoluzione, che in realtà parla più d’amore che di rivoluzione, con qualche risonanza psichedelica.

Difficile trovare un disco più “personale” di questo, visto che Emanuele Colandrea ha fatto, come detto, tutto da sé: non soltanto uno sfoggio di abilità tecniche, ma una necessità di tenere tutto sotto controllo, di essere soddisfatti di sé.

E ragioni per essere soddisfatto Colandrea ne ha parecchi: il disco è intimo, forte, autentico e soprattutto ben fatto, dall’inizio alla fine. Una potenza narrativa importante emerge da canzoni pensose ma mai ferme sul posto. “Altro che cantautore, altro che Colandrea“: se parti per la Nuova Guinea, Emanuele lasciaci qualche altra buona canzone.

Genere musicale: cantautore

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Pagina Instagram Emanuele Colandrea

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