Avevamo incontrato Fooga & Nico qualche tempo fa, in occasione dell’uscita di Gente di passaggio, il disco d’esordio. E li ritroviamo per Di muse, di specchi e d’altre assurde storie, ep da sei canzoni che testimonia della crescita della band. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Nicola Farinello, voce, talvolta chitarra e sempre autore dei testi della band.
Gente di passaggio era, secondo le vostre stesse parole, un disco che voleva raccontare un passaggio. Di muse, di specchi e d’altre assurde storie che cosa vuole raccontare?
Gente di passaggio più che raccontare un passaggio in sé, raccontava questo momento storico e sociale che stiamo ancora vivendo, almeno credo (in fondo è un disco di due anni fa soltanto), che nel testo della title track definivo, appunto “di passaggio”, in cui cercavo di criticare e di provocare la mia generazione e dunque anche me stesso, definendola come qualcosa che sarà inghiottita da questo assurdo mondo globale, senza lasciare alcuna traccia di sé, da un punto di vista, oserei dire, umano.
Di muse, di specchi e d’altre assurde storie è come se fosse un secondo capitolo dello stesso libro, in cui lo scenario è identico, appunto questo assurdo villaggio globale (e non potrebbe essere altrimenti visto che ogni cosa che si possa definire, in qualche modo, arte, risente per forza del tempo in cui è stata concepita), in cui raccontiamo storie, attraverso sette ballate, più intime, c’è più di me in questi testi rispetto all’altro lavoro, ma sempre con chiari riferimenti a quello che ci circonda.
Nei brani per esempio emergono problematiche quali i ragazzi e le ragazze che se ne vanno dal nostro Paese incantato in cui non cambia mai niente (per quanto riguarda le possibilità concrete di una vita dignitosa), gli uomini e le donne che invece vorrebbero arrivare, ma che non arriveranno mai, perché muoiono nel Mediterraneo, si parla dei casi vergognosi di abusi in divisa, dell’arte come via di fuga e strumento di trasformazione. In qualche modo abbiamo portato in studio le “muse” che sussurrano “assurde storie” che sono, in fondo, gli “specchi” del mondo che ci circonda, almeno dal mio punto di vista, che è condiviso anche dalla restante parte della band.
Sono cambiati un po’ anche i suoni del disco. Quali le motivazioni?
Sì è vero i suoni sono cambiati. Gente di passaggio era il primo disco e portava in sé spunti artistici interessanti e tutti i limiti che un primo disco, soprattutto se si tratta di musica d’autore, può avere, anche perché per noi ha significato anche racchiudere in un disco i primi esperimenti nello sviluppo di brani originali, sia dal punto di vista dei testi che delle musiche. Oggi la band è cresciuta, è diversa anche la concezione dello sviluppo creativo e dello stare sul palco. C’è maggiore consapevolezza.
Per rispondere a questa domanda devo ringraziare i miei compagni di viaggio Carlo Guardamagna e Andrea Garavelli che si sono occupati degli arrangiamenti e della sezione ritmica dei brani in maniera egregia. Ormai il feeling tra noi è altissimo e queste musiche credo lo dimostrino, loro sono veramente in grado di entrare nei testi e di esprimere le mie parole da un punto di vista musicale. Non a caso la musica è un linguaggio.
Visti gli argomenti e il modo in cui si sviluppano nei testi, le musiche sono diventate più avvolgenti e direi intime in alcuni casi, ma capaci di graffiare come sempre quando serve, proprio in base a come i temi sono espressi dalle parole. E’ un disco di ballate che presenta una matrice folk che sviluppandosi approda a momenti rock e acidi e che sa diventare quasi pop nei brani più pianistici. Credo che in questo lavoro ci sia una maggior ricercatezza musicale nello sviluppo degli arrangiamenti che determina un sound molto più omogeneo rispetto al primo disco.
Come nasce “Il cappellaio nello specchio” che avete scelto come singolo?
Il cappellaio nello specchio è il singolo estratto e il motivo per cui è stato scelto è che porta in sé una tematica cara a tutta la band: l’arte come via di fuga da questo assurdo presente e come potenziale mezzo di trasformazione dello stesso, attraverso la possibilità di riflettere che offre. Oggi poter fermarsi, anche solo per un istante, a pensare, non è poi così scontato.
Certamente in questo disco ci sono richiami letterari e questo brano lo presenta già nel suo titolo. E’ un chiaro riferimento all’opera di Lewis Carroll e ha sfondi anche autobiografici che spero possano essere condivisi. Il “cappellaio” è una sorta di sfumatura della personalità, che osservo in me, ma che tutti abbiamo. E’ il lato artistico, direi bambino, di ognuno di noi.
E’ un brano che mi piace molto perché la musica e le parole raccontano insieme. E’ un brano in cui, nel testo, dico che questo folle gioco delle parole con la musica (questa è la forma d’arte che abbiamo scelto) che a volte pare non aver senso, “finché nello specchio vedrò il volto del cappellaio che mi chiama dicendo – comunque vada mi troverai sulla strada -” non si fermerà.
Come si intuisce dalla vostra pagina Facebook la vostra attività live è sempre in fermento. Come sono i Fooga & Nico dal vivo? E dove possiamo vedervi prossimamente?
Sì, l’attività live, fortunatamente, è abbastanza intensa. Abbiamo provato a sviluppare in maniera totalmente indipendente il nostro Di muse tour, con lo scopo di presentare il nuovo lavoro, e la cosa sta funzionando. Se siete in zona, il 28 dicembre suoneremo a Loano (SV) durante la tappa ligure del Folkest, festival di caratura internazionale, presso la Biblioteca Civica.
Quali saranno i prossimi passi della band?
I prossimi passi della band? Buona domanda. Direi che sicuramente, nel breve periodo, ci impegneremo per divulgare il più possibile il nostro lavoro. Per il resto, se la musa si presenta certamente nascerà ancora qualcosa di nuovo.
Fooga & Nico traccia per traccia
Il mondo un po’ favolistico e molto folk di Fooga & Nico apre le porte con Dillo tu a Modì, pezzo “artistico” e popolare, un po’ sussurrato e con ritmi buoni e fluidi.
Molto più notturne le atmosfere di Saffo, sorta di ritratto cadenzato, con qualche muscolarità di chitarra e una buona linea di basso. Il riferimento all’antica poetessa si mescola con sensazioni più contemporanee e appuntite.
Ecco poi Il paese incantato di Alice, scelta come detto quale singolo di presentazione del disco, che si veste da ballad morbida e malinconica. Il brano si dipana lento e intimo, ma anche piuttosto sognante.
Molto più movimentata Cara Strega, che si arriccia intorno a ritmi di slow rock, quasi blues, con un po’ di elettricità da lasciar scorrere.
Si viaggia di contrasto con La ballata del prigioniero, che è ballata, appunto, ma anche di spirito quasi allegro.
Pezzi di cielo chiude il lavoro con calma, lentezza e malinconia, in un brano che si allunga oltre i sei minuti per lasciare il tempo giusto allo sviluppo delle emozioni.
Sei brani di conferma: Fooga & Nico mettono maggiormente a fuoco le proprie capacità, variando il percorso e pescando sonorità differenti per ottenere comunque un lavoro coerente e di sana e robusta costituzione.